“Da qualche anno, l’abitudine di fotografarsi o filmarsi (in super/8, in elettronico) si è diffusa in misura tanto vistosa, da far parte ormai, senza dubbio, di quegli usi e costumi sociali che di solito sono indicati – anche se in modo insufficiente – come “di massa”.
Raccolte di immagini più o meno organizzate in album personali o di famiglia fan parte, per molti di noi, di una storia individuale, che si sciorina sotto gli occhi dell’altro come strumento di reciproca conoscenza e amicizia. Filmini che illustrano i progressi deambulatori dell’infante o le avventure di una vacanza tra Rimini e le Maldive punteggiano la vita di ciascuno di noi, contribuendo a definire l’identità.
Ritratti di ogni genere – di vivi o di morti presenti o assenti – fan bella mostra di sé sui ripiani dei cassettoni, per essere quotidianamente curati da mani di donna che tolgono nello stesso tempo la polvere materiale e quella della memoria… Davanti alle statue delle Vergini o dei Santi taumaturghi, ex-voto simili a strisce di fotoromanzo illustrano la ricostruzione di un incidente di macchina, di un intervento chirurgico, mentre a decine si accumulano ritratti “ufficiali”, formato tessera, di quegli stessi offerenti il cui stesso ritratto farà la comparsa – presto o tardi, comunque inevitabilmente – sulla penultima pagina di un giornale di provincia, a fianco di un annuncio di morte… per finire poi, tradotto in smalto lucente, tra le due braccia di una croce ministeriale… E ancora, ritratti di familiari che si espongono collettivamente, sollevando ben in alto in direzione dell’altare, agli influssi della benedizione speciale di un vescovo-esorcista. Ma anche ritratti segretamente sottratti al proprietario, perché il mago – veggente, medium, guaritore, ecc. – li “lavori” per il bene o per il male…
Insomma, riprendere ed essere ripresi, costruire immagini, montarle e smontarle sembrano essere diventati dei modi di comunicazione i cui connotati si rivelano molto vari, se non ci si limita ad analizzare soltanto le immagini prodotte, ma se si prendono anche in considerazione, di volta in volta, i diversi ruoli dei soggetti e le circostanze delle loro azioni.
Attorno all’obiettivo si è mai andata formando tutta una serie di riti sociali, le cui trasformazioni sono anche connesse alla storia dei mutamenti tecnici ed economici che in poco più di un secolo hanno messo gli apparecchi da ripresa e riproduzione alla portata di tutti, grazie alla facilità del loro impiego e all’accessibilità dei loro costi.”
(da C. Gallini, Immagini da cerimonia, in «Belfagor», XLIII, 6, 1988, Firenze, Olschki, pp. 675-676.*)
Riferimenti Bibliografici
- C. Gallini, Un cerimoniale fotografico, in «Schema», 8, 1981, pp. 13-22.*
- C. Gallini, Appunti su alcuni riti fotografici, in «La ricerca folklorica», 7, 1983, pp. 145-149.*
- C. Gallini, Photographische Riten: Popular Religion in modernen Italien, in M.N. Ebertz (a cura di), Volksfrommigkeit in Europa, München, Kaiser Verlag, 1986.
- M. Massenzio, Il problema della destorificazione, in «La ricerca folklorica», 13, 1986, pp. 23-30.*
- W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1966.*
Testi di riferimento per la lezione
- C. Gallini, Immagini da cerimonia, in «Belfagor», XLIII, 1988, n.6, Firenze, Olschki, pp. 675-691.*
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