In mostra la serie completa e l’Atlante originale.
Si tratta di una delle prime serie a tema di Luigi Ghirri, realizzata nel 1973, agli inizi della sua carriera di fotografo. Il soggetto è un comune atlante geografico che Ghirri ‘ritrae’ a luce naturale con la sua reflex 35mm marca Canon. Come sottoposte a un microscopio e tagliate in inquadrature sorprendenti, le carte dell’atlante si trasformano in nuovi oggetti, in pure visioni immaginative. Ghirri seleziona una serie di 34 fotografie formato 20 x 30 e le incolla personalmente su cartoncini quadrati di cm. 31 x 31 che, rilegati, formano l’Atlante.
Così egli stesso ha descritto l’opera:
“L’atlante è il libro, il luogo in cui tutti i segni della terra, da quelli naturali a quelli culturali, sono convenzionalmente rappresentati: monti, laghi, piramidi, oceani, città, villaggi, stelle, isole. In questa totalità di scrittura e descrizione, noi troviamo il posto dove abitiamo, dove vorremmo andare, il percorso da seguire. Il viaggio sulla carta geografica, peraltro caro a molti scrittori, penso sia uno dei gesti mentali più naturali in tutti noi, fin dall’infanzia. L’inevitabile associazione di idee, sovrapposizioni d’immagini, pensa poi automaticamente al resto.
In questo lavoro ho voluto compiere un viaggio nel luogo che invece cancella il viaggio stesso, proprio perché tutti i viaggi possibili sono già descritti e gli itinerari sono già tracciati. Le isole felici care alla letteratura e alle nostre speranze sono ormai tutte descritte e la sola scoperta o viaggio possibile, sembra quello di scoprire l’avvenuta scoperta.
Così analogamente il solo viaggio possibile sembra essere oramai all’interno dei segni, delle immagini: nella distruzione dell’esperienza diretta. Se Oceano immediatamente ci rimanda a infinite possibili immagini che noi possediamo mentalmente, mano a mano che la scrittura sparisce, spariscono meridiani e paralleli, numeri, il paesaggio diventa ‘naturale’, non viene più evocato, ma si dispiega davanti a noi, come se sotto i nostri occhi una mano avesse sostituito il libro con un paesaggio reale. E’ la fotografia in questo caso che con il suo potere di variare i rapporti con il reale, sempre, sposta i termini del problema evocando una naturalità ‘illusoria’.
Il reale, la sua rappresentazione convenzionale in questo caso sembrano coincidere, la formulazione del problema si sposta, da quello della significazione a quello della immaginazione. Il viaggio è così dentro all’immagine, dentro al libro. I due analoghi, immagine nell’immagine, libro nel libro, ci riportano alle infinite possibili letture che ci sono sempre possibili anche all’interno del mondo più codificato, la già avvenuta esperienza apparentemente totalizzante si dispiega come nella frase di William Blake chiarificatrice: se le porte della percezione fossero ripulite tutte le cose sembrebbero infinite.”
Luigi Ghirri, nato a Scandiano (Reggio Emilia) nel 1943, inizia a fotografare nel 1970, affascinato dalla prima istantanea della terra scattata da un astronauta in viaggio verso la luna (“la prima fotografia del Mondo“). Nel 1973, anno della sua prima mostra a Modena, abbandona la professione di geometra per dedicarsi interamente alla fotografia. Dapprima vicino alle ricerche dell’arte contemporanea, soprattutto concettuale, quindi concentrato nel tentativo di restituire spontaneità di visione alle immagini di paesaggio, Luigi Ghirri accompagna costantemente il proprio lavoro con riflessioni sullo statuto delle immagini e il significato della fotografia. Muore prematuramente nel 1992. E’ unanimemente considerato fotografo tra i maggiori del secondo Novecento e maestro indiscusso della fotografia di paesaggio.
Dal 20 al 26 settembre la mostra seguirà i seguenti orari di apertura:
da lunedì a venerdì: 11.00 – 13.00 / 16.00 – 19.00
sabato e domenica: 11.00 – 19.00
Proiezione del film alle ore 11.00 e 16.00
Ingresso libero