Il confronto tra la vita di un contratto reale, e cioè il motore del lavoro di impresa, e il contratto ideale che ne consente la lettura morale, viene mediato dal ruolo fondamentale che l’informazione svolge in questi contesti. I contratti reali sono considerati imperfetti proprio perchè l’informazione è insufficiente e inegualmente distribuita. Tra i casi in cui l’informazione è mal distribuita, sono importanti teoricamente e praticamente quelli, molto discussi in dottrina, cosiddetti della “asimmetria informativa” e della “incompletezza dei contratti”. Nel caso in cui una parte conosce più cose dell’altra, come in quello in cui il contratto è incompleto, carenze di giustizia sono infatti statisticamente più frequenti e a priori particolarmente gravi.
In questi casi, esiste un margine di discrezionalità, che può venire allocato iniquamente tra le parti, o a causa di una peculiare distribuzione di diritti di proprietà o a causa del differente potere contrattuale delle parti stesse. Qualora tale discrezionalità in eccesso venga goduta dall’impresa si configura l’ipotesi di abuso di autorità da parte dell’impresa stessa. Il codice etico – e in particolare le norme sulla completezza dei contratti – pretende di definire limiti e vincoli a simile abuso di autorità. L’invito a maggiore chiarezza, completezza, lealtà, diligenza, buona fede e soprattutto trasparenza, che emerge dal codice etico, è un invito a ovviare a queste deficienze. È chiaro che ciò vale a maggior ragione quando la forza e le competenza specifica dei contraenti sono diseguali, e quindi è implicito l’elemento di giustizia presente in queste raccomandazioni. Pensate soltanto ai tempi e ai modi in cui un’impresa importante può pagare un fornitore più piccolo, che magari ha già in parte impegnato la sua capacità produttiva a favore dell’impresa maggiore, per avere un’idea immediata di ciò di cui sto parlando. Risulta come una sorta di corollario di questa visione teorica che invita a evitare o ridurre abusi di autorità, la nascita e il rafforzarsi di un clima di fiducia, che dovrebbe accompagnare e seguire il rispetto di queste raccomandazioni. Tale clima è anche all’origine dell’insistenza su protocolli procedurali che, come abbiamo già ricordato, forzano l’impresa a prendere in considerazione tali esigenze di chiarezza e buona volontà contrattuale. Corollario di questa visione appare lo sforzo di definire la fiducia entro l’impresa (tra coloro che ne fanno parte) e fuori da essa (con coloro con cui viene in contatto).
(S. Maffettone, Etica pubblica, Milano, il Saggiatore, 2001, pp. 242-243)*
Riferimenti Bibliografici
- AA.VV., «Filosofia e questioni pubbliche», 2004, n. 1;*
- A. Buchanan, Etica, efficienza, mercato, Napoli, 1992;
- J. Rawls, Una teoria della giustizia, Milano, 1982;*
- A. Sen, Etica ed economia, Roma-Bari, 2000.*
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