Le Revisioni (Retractationes) sono un'opera unica, per forma e per contenuto. In questo libro eccezionale Agostino, rileggendo e talora correggendo i propri scritti, assolve una duplice funzione. Da un lato, afferma la propria autorità (a un tempo come autore e come dottore della chiesa) identificando le proprie opere, e, d'altro lato, si rivela lettore attento e critico dei propri testi. Così questo gesto unico dell'antichità cristiana si fonda sul lavoro critico di una ri-lettura preoccupata di precisare tanto l'espressione quanto l'interpretazione. In questo senso, le Revisioni costituiscono il lascito più esplicito di Agostino. Per la nostra analisi, la ri-lettura, come vedremo, non è soltanto un esercizio letterario ma anche una scelta teologica. Due esempi basteranno.
Il primo riguarda la Città di Dio: "Nel decimo libro non avrebbe dovuto essere considerato come un fatto miracoloso che nel sacrificio di Abramo una fiamma venuta dal cielo fosse circolata fra le vittime divise: si trattava in realtà di una visione dello stesso Abramo" (II, XLIII). Il sogno, come la voce e le visioni, come la scrittura e i segni, come tutto ciò che è effimero e segnato dal passaggio, è sospetto. Il divino si rivela solo parzialmente attraverso queste mediazioni.
Il secondo esempio rinvia a un passaggio del Contra Adimantum: "In questo libro ho detto: "Quel popolo che ricevette l'Antico Testamento, prima ancora della venuta del Signore e secondo una mirabile ed ordinatissima distribuzione dei tempi, era limitato nelle sue conoscenze da ben definite ombre e immagini del vero; pur tuttavia nell'Antico vi è un preannuncio ed una anticipazione così piena del Nuovo che nell'insegnamento del Vangelo e degli Apostoli non si trovano precetti e promesse, quale che ne sia l'elevatezza e l'impronta divina, che non compaiano anche in quegli antichi scritti". Avrei però dovuto aggiungere un quasi e dire: Che quasi non si trovano negli insegnamenti del Vangelo e degli Apostoli precetti e promesse, quale che ne sia l'elevatezza e l'impronta divina, che non compaiano anche in quegli antichi scritti" […] (I, XXII).
Per Agostino tutto si gioca attorno a una parola: quasi, che segna la differenza e nomina ciò che, nel cristianesimo, fa parlare la Bibbia giudaica. Quasi lascia sfilare l'ombra di un resto, tracciando le molteplici vie dell'appropriazione e del recupero nella scia di una problematica radicata nei rapporti tra ciò che è detto ma non è stato compreso nella sua interezza, ciò che è parzialmente visibile, ciò che è dicibile, ciò che si offre alla lettura. Quasi nomina anche il metodo, abbozzato nelle Confessioni e perfezionato lungo tutta la carriera di Agostino. Questo modo di leggere con e contro il testo e il suo autore esprime mirabilmente il rapporto tra la lettera e lo spirito, l'elezione e la grazia, la Sinagoga e la Chiesa. Tale è il compendio del metodo di Agostino. […]
Agostino giunge sino a identificare religione e lettura, cristianesimo e lettura. "Per averne visione, come potrà aversene, e per unirci a lui, ci purifichiamo da ogni contaminazione dei peccati e delle passioni disoneste e ci consideriamo cose divine nel suo nome. Egli è infatti principio della nostra felicità, egli fine di ogni desiderio. Scegliendolo, anzi scegliendolo di nuovo [Hunc eligentes vel potius religentes], perché l'avevamo perduto scartandolo dalla nostra scelta; scegliendolo di nuovo (religere) dunque, poiché proprio da questo si fa derivare religione [religio], tendiamo a lui con una scelta di amore per cessare dall'affanno all'arrivo, felici appunto perché in possesso della pienezza in quel fine " (La città di Dio, X, III, 2).
Al di là dei dibattiti sull'etimologia del termine religio, il testo di Agostino è rivelatore per molti versi: ci offre il culmine e il compendio dei pensieri sulla fede cristiana come elezione o scelta e lettura, come atto volontario di sottomissione all'ordine della grazia. E, cammin facendo, ci da un'idea degli intenti che animano la sua lettura della legge e dell'Elezione. Il cristianesimo è così, secondo Agostino, un atto di ri-lettura: ri-lettura dell'Antico Testamento come la grazia è ri-lettura dell'elezione, ri-lettura di sé dopo la conversione e ri-lettura della storia attraverso la scelta della grazia. Tutto è dunque ripresa e ripetizione, tutto è spostamento verso un nuovo contesto la cui intelligibilità dipende in gran parte dalla sua capacità di continuare, riprendere e compiere ciò che lo ha preceduto. La ri-lettura è un movimento verso la pienezza, un orientamento alla totalità, un cammino verso l'origine. I trattati metodologici di Agostino (dal Genesi contra Manichaeos, al De Genesi ad Litteram, alla Trinità, senza omettere le Confessioni) incarnano così, in pratica, questa volontà di identificare l'esperienza religiosa con l'atto della lettura e più precisamente con la pratica della ri-lettura: ri-lettura di sé come prima tappa della rilettura della tradizione; rilettura dell'elezione nella grazia.
Si è persino tentati di dire che il cristianesimo, per contrasto col giudaismo, sia esso stesso una "revisione" nel senso agostiniano del termine e che per Agostino il giudaismo non sia che un pre-testo, un testo anteriore che riceve il senso e il vero significato solo con la sua negazione cristiana, nell'atto determinante della sua rilettura definitiva. Rilettura che rifiuta la realtà della rivelazione diretta nell'Antico Testamento e privilegia la necessità di un metodo di interpretazione che sonda i segreti delle mediazioni e i misteri delle loro manifestazioni sotto la Legge. Questa rilettura istituisce così una nuova tradizione che mira a preservare e trasmettere gli indizi della buona lettura o rilettura.
Riferimenti Bibliografici
- P. Brown, Agostino d'Ippona, Torino, Einaudi, 1971;*
- E. Gilson, introduzione allo studio di Sant'Agostino, Genova, Marietti, 19973;*
- G. Madec, Le Dieu d'Augustin, Paris, Cerf, 1998;*
- H.I. Marrou, S. Agostino e la fine della cultura antica, Milano, Jaca Book, 1987;*
- B. Stock, Augustine the Reader. Meditation, Self-Knowledge, and the Ethics of Interpretation, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1996.
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