Audio integrale
Uno dei problemi più urgenti che si pongono in Europa è quello delle lingue. Si possono prospettare due tipi di soluzioni: scegliere una lingua dominante (un anglo-americano mondializzato) nella quale svolgere tutti gli scambi; oppure mirare alla conservazione della pluralità rendendo manifesto il senso e l’interesse delle differenze, l’unico modo di agevolare realmente la comunicazione tra le lingue e le culture. Il Vocabolario europeo delle filosofie: dizionario degli intraducibili si inserisce nella seconda ottica. Ma si rivolge verso l’avvenire piuttosto che verso il passato: non è legato a un’Europa retrospettiva e fossilizzata – quale, d’altronde? – definita da un cumulo di eredità giustapposte che rafforzerebbero i particolarismi, ma a un’Europa in divenire, in attività, energeia piuttosto che ergon, che lavora sulle divergenze, sulle tensioni, sui trasferimenti, sulle appropriazioni e sui controsensi allo scopo di costruirsi con consapevolezza. Il punto di partenza è una riflessione sulla difficoltà del tradurre in filosofia. Noi abbiamo voluto pensare la filosofia all’interno delle lingue, trattando cioè le filosofie come esse si presentano, per vederne gli effetti sui nostri modi di filosofare […]. Non abbiamo lavorato su tutte le parole, né su tutte le lingue nei confronti di una parola né, tantomeno, su tutte le filosofie. Abbiamo scelto come oggetto i sintomi delle differenze, gli “intraducibili”, in un certo numero di lingue europee contemporanee, ritornando verso le lingue antiche (greco, latino) e passando per l’ebraico e l’arabo ogni volta che ciò era necessario per la comprensione di queste differenze. Parlare di intraducibili non implica affatto che i termini in questione, o le espressioni, o le strutture sintattiche e grammaticali, non siano tradotti o non possano esserlo – l’intraducibile è piuttosto ciò che non si cessa mai di (non) tradurre. Ma questo ci segnala che la loro traduzione, in una lingua o nell’altra, pone un problema al punto di suscitare talvolta un neologismo o l’imposizione di un nuovo senso su una vecchia parola: è indicativo della maniera in cui, nel passaggio da una lingua all’altra, le parole e le reti concettuali non sono sovrapponibili. Con mind intendiamo la stessa cosa che con Geist o con esprit? Pravda è giustizia o verità? E cosa succede quando si traduce mimesis con rappresentazione anziché con imitazione?
(da B. Cassin, Présentation, in Vocabulaire européen des philosophies. Dictionnaire des intraduisibles, Paris, Seuil, 2004, pp. XVII-XVIII)*