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Insistere ancora su modelli di ascendenza genericamente burckhardtiana, incentrati sulla rivendicazione del carattere “solare”, armonico del Rinascimento (modelli da cui in verità è lo stesso Burckhardt ad essere del tutto lontano), è, dunque, sbagliato. Ma è altrettanto sbagliato battere in modo unilaterale sulla dimensione notturna, umbratile del Rinascimento, che pure c’è stata, e in modo cospicuo, ma che non può diventare una sorta di moda, come spesso è accaduto negli ultimi decenni, per motivi di ordine storico che non sarebbe difficile decifrare. Sono, l’uno e l’altro, modelli critici da cui occorre prendere le distanze. Come si è cominciato a dire, il nucleo centrale di questa esperienza sta, infatti, nella dialettica costante – e mai risolta – tra disincanto e utopia, tra sogno e disperazione, tra acuto, e tragico, realismo e una straordinaria capacità di proiettarsi oltre la realtà, attraverso la costruzione di grandi miti religiosi, estetici, scientifici, umani – nell’accezione più larga del termine. Ignorare uno solo dei lati di questa permanente tensione vuol dire non cogliere il “centro” del Rinascimento, quello che ne ha fatto, e continua a farne, un momento eccezionale nella storia dell’Italia e dell’umanità.(da M. Ciliberto, Pensare per contrari. Disincanto e utopia nel Rinascimento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005, pp. 1-2)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.