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Prima ancora che con le proprie differenziazioni interne e con le fedi di diverso ceppo che avrebbe incontrato nella sua inarrestabile espansione, l’Islam ha dovuto misurarsi, oltre che con il paganesimo idolatrico delle genti d’Arabia, anche e forse soprattutto con gli altri due monoteismi nel cui solco si è innestato. (…) Il rapporto di continuità con ebraismo e cristianesimo fu, in un primo momento, strettissimo e si può dire che l’Islam si sia presentato come una sorta di riedizione dello stesso messaggio destinata agli arabi. In seguito, però, e soprattutto nei confronti degli ebrei di Medina, prevalsero le distinzioni che ebbero modo di sfociare addirittura in un aperto e aspro contrasto. L’inimicizia che opponeva i seguaci di quelle due precedenti fedi gli uni agli altri e le suddivisioni sussistenti all’interno di ciascuna di esse andarono così ad affiancarsi alle polemiche che impegnavano Muhammad con i suoi interlocutori appartenenti alle cosiddette «Genti del Libro», costituendo un complesso sistema di relazioni ambivalenti. Esso va tenuto presente sullo sfondo per collocare in un quadro più generale altre osservazioni che costituiscono un insieme ridotto ma significativo di testimonianze relative a come il delicato e centrale tema dell’unità tra i credenti in particolare e tra gli uomini in generale abbia interessato l’Islam fin dal suo sorgere e abbia contribuito alla formazione dell’immagine che di se stesso esso si è formato e quindi a come esso considera e imposta i suoi rapporti con gli altri. (…) «Gli ebrei dicono: “I cristiani non san nulla!” e i cristiani: ”Non san nulla gli ebrei” rispondono, eppure recitano e gli uni e gli altri lo stesso Libro. E come loro dicono anche i pagani ignoranti; ma sarà Dio a giudicare dei loro dissensi, il dì della Resurrezione» (2.113).
L’atteggiamento di ebrei e cristiani che si sconfessano a vicenda è equiparato a quello dei pagani di varie comunità che credono di salvarsi per il solo fatto di appartenere a un determinato gruppo, senza considerazione per la sincerità della fede e la rettitudine delle opere, mentre sono queste cose a essere determinanti e sembra di poter dedurre che se vi fosse tale consapevolezza non vi sarebbero divisioni tra credenti, intendendo beninteso i monoteisti appartenenti alle tre religioni cosiddette «del Libro» (ebraismo, cristianesimo e Islam). Tale considerazione porta il commentatore a essere meno drastico a proposito della futura condanna delle varie «sette». Non si dice che saranno smentite e dannate tutte indistintamente, ma si distingue tra verità e falsità e tra i loro rispettivi seguaci, ammettendo indirettamente e coerentemente con le premesse che i singoli saranno valutati non per il solo fatto di appartenere a un certo gruppo, ma in base a fede e opere. Tale atteggiamento moderno è allo stesso tempo coerente con gli intenti della rivelazione coranica che insiste sulla responsabilità individuale in polemica con lo spirito di corpo che dominava nell’antica società beduina.
(da P. Branca, Guerra e pace nel Corano, Padova, Edizioni Messaggero, 2009, pp. 68-70, 76-78)*
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