Angeli, sogni, viaggi ultraterreni e attese messianiche sono al centro dell’analisi sviluppata in questo volume, che è anche un viaggio all’interno dello gnosticismo. Lo gnosticismo nasce come protesta contro una fede apocalittica, anche quando si costituisce all’interno di una fede di quel tipo. Una religione profetica diventa apocalittica quando la profezia non si avvera e una religione apocalittica si fa gnosticismo quando l’apocalisse non si realizza. Lo gnosticismo, sostiene Bloom, si sviluppa nella consapevolezza dell’estraneità di Dio – che ha abbandonato questo cosmo – e nella convinzione che esiste un residuo della divinità nel sé più riposto. Non è casuale quindi che la spiritualità del sé abbia affinità tanto strette con le visioni dei poeti e del mondo delle lettere. Bloom sottolinea che la spiritualità autentica tipica dell”uomo medio americano è di tipo gnostico ed è caratterizzata dal credo in un Gesù della resurrezione e non in quello della crocifissione. Si spiega in questo modo il fatto che proprio in America si sia imposto il culto degli angeli che diventano immagine della libertà e della possibilità di una resurrezione individuale. Le visioni degli angeli testimoniano dell’attesa di una liberazione da una società stanca di sentirsi in ritardo e con la sensazione di essere arrivata dopo l’evento atteso. L’angelologia è un’eredità dello zoroastrismo ed ha conosciuto nel corso dei secoli una progressiva diminuzione di importanza che si è arrestata in concomitanza con la fine del millennio, quando si è cominciato a implorare gli angeli di fare per noi quello che dovremmo fare noi stessi. Introducendo il tema del sogno – con il quale viene evidenziato che il lavoro di Freud rifiutava l’aspetto profetico ed era tutto rivolto al passato – Bloom sottolinea la continuità tra la tradizione cabalista e zoroastriana, da un lato, e la Bibbia e il Corano, dall”altro, nel considerare i sogni alla stregua di epifanie del divino. Inoltre, l’aspetto peculiare dei sogni sarebbe il desiderio umano di sopravvivere alla morte: e l’immortalità è uno dei primi auspici del millennio che si apre. Il millenarismo aggressivo di cui siamo stati testimoni finora ha ben poco a che vedere con l’umiltà cristiana e viene interpretato da Bloom più come un ritorno al sentimento degli antichi persiani di essere i prescelti, che al senso biblico dell’elezione. Un antidoto efficace a questo millenarismo potrebbe essere un ritorno alla “città di Dio” descritta da Agostino, per il quale la Chiesa era già di per sé il millennio incarnato.