Nella Bibbia “l’uomo non è mai la vittima di Dio, Dio è sempre la vittima dell’uomo”. Per comprendere questa verità si impone un radicale cambiamento di vedute: invece di considerare la Bibbia come un mito, bisogna interpretare il mito alla luce della Bibbia. René Girard, antropologo avignonese abituato a stupire e ad andare contro corrente, ha portato a compimento una riabilitazione intellettuale della Bibbia e dei Vangeli sotto l’insegna dell’antropologia: da La violenza e il sacro del 1972, a Il capro espiatorio del 1982 (tema quest”ultimo che nell’opera dell’antropologo francese riveste il ruolo di leitmotiv culturale), lo studioso ha spesso indagato il terreno delle religioni, suscitando reazioni e polemiche. Anche in questo volume Girard – che si è convertito al cristianesimo dopo un lungo percorso iniziato negli anni Settanta – tira fuori tutta la sua vena polemica, dimostrando in primo luogo che, ben lontani dal possedere elementi mitici, nei Vangeli si riscontra un”evidente carica anti-mitica. In ogni singolo saggio contenuto nel volume, lo studioso sceglie di battere il sentiero percorso in età moderna e contemporanea dagli studiosi che hanno applicato alle religioni un metodo di indagine scientifico, per mostrare come le loro armi interpretative siano a doppio taglio. Servendosi in particolare delle somiglianze individuate da Rudolf Bultmann tra il racconto evangelico della passione di Cristo e i miti di morte e resurrezione dell’antichità pagana, Girard mette a fuoco la differenza che costituisce la specificità della tradizione giudaico-cristiana rispetto a ciò che ha fondamento mitico: l”antropologia dei Vangeli, e soprattutto la loro particolare visione della violenza umana e della vittima, riescono ad illuminare non solo ciò che viene prima, miti e rituali, ma anche ciò che viene dopo, la storia. Osservando che i primi cristiani appartenevano soprattutto alle classi inferiori, li si è accusati di simpatizzare con la folla delle vittime per soddisfare il loro risentimento nei confronti del paganesimo. Di qui la creazione del binomio cristiano-vittima e la visione del cristianesimo come morale degli schiavi. Ma il cristianesimo è sempre stato tutt’altro che gregarismo, ha sempre sostenuto la distinzione del singolo individuo dalla folla. I Vangeli ne forniscono un esempio evidente nel noto passaggio della donna adultera, in cui i protagonisti si ravvedono perché un primo uomo si è distaccato dagli altri, dalla folla, seguendo l’appello del Cristo.