Accanto a un”indagine sulle trasformazioni urbanistiche avvenute nelle metropoli occidentali, questo libro si preoccupa di tracciare una mappa di come vive in esse l””ultimo uomo”: ultimo uomo in quanto opposto al superuomo della costruzione nietschiana e caratterizzato dall”assenza di fini comuni, dall”indifferenza nei confronti dell”altro, dall”esaltazione dei desideri di ognuno come assoluti e dall”annientamento del senso storico. E” l”ordine delle masse, il mercato, l”istituzione centrale che, a parere di Ilardi, è subentrato all”agire politico e assegna a ogni individuo il suo posto nello spazio urbano. Allo stesso tempo, il centro motore dell”agire politico è passato dall”anima al corpo, la cui singolarità identifica la libertà come defezione dalle istituzioni, dal lavoro, dalla morale e come consumo del mondo. La città, intesa come organizzazione razionale della vita in comune, si è dissolta in favore della forma metropoli che è connotata dalla dissoluzione dei legami sociali. La spinta al nomadismo/fuga parte da qui, dalla constatazione che l”individuo è un caso, una probabilità nella fitta rete dell”omologazione. La possibilità di disegnare il proprio spazio è quindi la causa prima della fine della città come superficie territoriale delimitata. Questo spazio è oggi diventato territorio di frontiera, non è più una forma di pensiero e non deriva da una concezione del mondo, ma è il risultato dell”uniformità artificiale dei contesti di esperienza e insieme il prodotto della vita irripetibile di ogni individuo (il quale sa che nella metropoli il conflitto determina gli spazi pubblici ed è l”evento che spezza qualsiasi progetto deliberato). L”individuo contemporaneo, costruendo la sua identità sul consumo, non ricerca mai nella massa la propria soddisfazione, poiché il consumo è esclusivamente individuale, anche quando realizzato nelle nuove cattedrali metropolitane (aeroporti, discoteche, ipermercati, stadi). E” nell”analisi di questi spazi che, secondo Ilardi, può trovare fondamento una nuova teoria della società e delle forze che la determinano. Solo riconoscendo che tali contesti materiali sono creati, oltre che dalla ragione economica, anche dall”azione dei singoli, può prendere corpo un pensiero critico all”altezza delle trasformazioni sociali e spaziali della metropoli contemporanea. Disordine, consumo, vuoto, sono le tonalità emotive che entrano nella produzione dello spazio: è da questa antropologia negativa, conclude l”autore, che deve cominciare a prendere corpo una nuova teoria sociale.