Nel 411 a.c. Tucidide prese parte al tentativo di colpo di stato oligarchico che mirava ad abbattere il regime democratico ateniese, colpevole della rovinosa perdita della Sicilia avvenuta due anni prima, con la sconfitta della flotta a Siracusa e la disfatta dell’esercito nell’Assinaro. Questa in sintesi la tesi di Canfora, che di fatto stravolge la tradizionale biografia tucididea, così come viene tramandata da secoli tra gli studiosi dello storico greco, a partire dal periodo alessandrino fino ai nostri giorni. Secondo la versione tradizionale infatti, Tucidide, per ben venti anni, dal 424 al 404 a.c., sarebbe stato esiliato da Atene e avrebbe vissuto in Tracia, impegnato nel redigere quell’opera fondamentale della storiografia classica che è La Guerra del Peloponneso, rimasta incompiuta per la morte violenta dell’autore al suo rientro in patria. In ossequio a questa fable convenue, come la definisce Canfora, autori moderni e antichi si sono susseguiti nell’ignorare o modificare fonti ed elaborare ipotesi per lo più insostenibili e incapaci di spiegare le incongruenze fra il contenuto dell’opera e quella che si voleva che fosse la vita del suo estensore. Condannato all’esilio per la sconfitta di Anfipoli del 424 a.c., nonostante lo stratega della città non fosse lui ma Eione, lontano da Atene fino al 404 a.c., nonostante nel 413 tutti gli esiliati fossero stati richiamati in patria, risulta inspiegabile come, dalla Tracia, Tucidide abbia potuto riportare la cronaca quotidiana del colpo di stato oligarchico, dei suoi retroscena, dei discorsi tenuti dal consiglio dei quattrocento e, soprattutto, come possa riportare nell’ottavo capitolo della sua opera il tragico epilogo di quel colpo di Stato: l’orazione che Antifonte pronunciò in difesa di se stesso, al processo contro i congiurati, nel tentativo di salvarsi dalla pena capitale. Proprio dall’apologia di Antifonte, riportata da Aristotele nella sua Raccolta di Arti Retoriche, Canfora trae il primo elemento sul quale fondare la sua ipotesi, che si snoda in un affascinante percorso, attraverso fonti finora trascurate o addirittura censurate, ricostruendo l’immagine di un Tucidide non sconfitto e umiliato ad Anfipoli, ma ritiratosi alla frontiera fra Tracia e Macedonia solo molti anni più tardi, probabilmente per non dover prestare giuramento di fedeltà alla democrazia alle Grandi Dionisie del 409 a.c., sfuggendo al giudizio di quel regime democratico ateniese che, pur in grado di reprimere il colpo di stato oligarchico, soccomberà di li a poco alla sua rivale, Sparta.