L'esilio del teatro

Goldfaden e il moderno teatro yiddish


Abraham Goldfaden (1840 ﷓ 1906) riassume in sè molte delle contraddizioni che segnano la nascita e il successo del teatro yiddish moderno. Studente all’Accademia Rabbinica di Zhitomir, attratto dalla Haskalà (l’Illuminismo ebraico) rimane folgorato dal teatro prendendo parte a un Purimshpil, l’unica forma di teatro ammessa nell’ebraismo tradizionale, mentre interpreta il ruolo della protagonista femminile. Rinuncia al rabbinato e, mentre scrive le sue prime poesie e commedie in ebraico, prende a viaggiare con compagnie di attori, musicisti, cantori da cui attinge personaggi, trame, melodie. A questo ruolo di drammaturgo della “oralità” e teatralità in lingua yiddish, aggiunge quella decisiva di direttore di compagnie professioniste, di capocomico di una sorta di “montaggio delle attrazioni” delle performance dei Broder Singer e degli attori﷓narratori della Zona di Residenza, tra Yassy, in Romania, fino alla nativa Volinia. “Il teatro yiddish è sorto in occidente, ma le sue radici sono innegabilmente più prossime e inclini all”oriente” (p.17). In “La Maga” (1887) ci troviamo infatti di fronte ad una “operetta con danze e canti” in cui essi , insieme alla musica, sembrano farla da padroni rispetto alla storia narrata e alle parti recitate, in cui sono in rilievo i monologhi dei tipi fissi del mercante e del badchen. Ma l’oriente è soprattutto nella profonda “estraneità al mondo borghese” e alla sua scena, ai temi e alle forme che si affermano nello stesso periodo nel teatro (e nella letteratura) europei. Come nel Dibbuk di Sholem An-ski, opera originaria e famosissima del teatro yiddish, in cui “non ci sono accadimenti, né disvelamenti” come nella scena occidentale; qui siamo piuttosto di fronte a una “drammaturgia che ospita qualcuno che ”viene”, e non qualcosa che ”avviene”” (p.12); “teatro degli spiriti che ritornano” in cui domina un esilio estremo, “l’assenza di una legge causale a presidiare i fatti”, una forma di teatro totale vicina a quelle orientali. “Essere uomo è un dramma, essere ebreo un altro ancora (Cioran)”: questa osservazione introduce un secondo decisivo aspetto nella vicenda del teatro yiddish moderno, la ”questione identitaria”. “La funzione svolta dal teatro yiddish nella vita ebraica è stata completamente diversa da quella di qualsiasi teatro nazionale (…) fu lo strumento della sopravvivenza di un popolo, (…) un sostituto delle tradizioni religiose in gran parte perdute con l’emigrazione, un nuovo Sabato e una nuova Sinagoga” (M. Kohanski, Teatro Yiddish in Enciclopedia del Teatro del ”900, a cura di A. Attisani, Milano, 1980).

Dati aggiuntivi

Autore
Anno pubblicazione 1993
Recensito da
Anno recensione 1996
Comune Roma
Pagine 196
Editore