Filosofia del Don Giovanni


Limitare la caratterizzazione del personaggio di Don Giovanni entro le vesti del prototipo del grande seduttore significa eludere le motivazioni per le quali esso costituisce un mito che ha riscosso un successo universale. Il volume di Curi – che analizza le versioni create da Tirso de Molina, Molière e Mozart – sottolinea come in quella vicenda si incontrino le più controverse implicazioni filosofiche e teologiche dell’umanità: l’atteggiamento di fronte alla morte, la concezione dell’amore come impresa bellica, lo sfuggente confine tra identità e alterità, il nesso tra colpa e punizione. In particolare il personaggio non si caratterizza per l’immoralità della condotta, ma per la negazione della trascendenza e per il rifiuto di riconoscere qualsiasi manifestazione soprannaturale. Il mito del grande seduttore è connesso con il cristianesimo non soltanto per l’enfasi che – negandola – il cristianesimo pone sulla sensualità, ma più ancora perché, nella sua essenza, esso si costituisce muovendo dal presupposto della negazione di Dio e dal rifiuto di accettare la morte come mezzo di redenzione. Don Giovanni, quello creato dalla penna di Tirso de Molina, è una figura della ribellione contro i legami della religione cristiana e incarnazione di una concezione radicalmente immanentista. Egli interviene a rovesciare – come un Anticristo – l’affermazione cristiana che vede Dio come carità, trasformando l’amore in burla, inganno e strumento di conquista. Ciò diventa particolarmente evidente nel testo di Molière. Sostenendo infatti che il fondamento reale della pulsione amorosa è la volontà di asservimento e la sete di conquista delle donne, il Don Giovanni segna una svolta radicale: da un lato l’amore perde la connotazione platonica di tensione verso la ricomposizione della pienezza originaria; dall’altro non è più il tramite per ricondurre l’uomo a Dio, ma assume l’altro come alterità contrapposta sulla quale imporre la propria supremazia. Ridurre l’amore a pòlemos significa non soltanto demolirne ogni pretesa salvifica, ma vuol dire esprimere soprattutto l’incoercibile libertà dell’esercizio della ragione che si sente affrancata da ogni norma etica finalistica e dei dettami della religione. Don Giovanni diventa una componente insopprimibile del modo in cui la modernità si rappresenta, il simbolo di un radicale immanentismo che soggiace al processo di costituzione della scienza moderna. Infine, con l’opera musicata da Mozart, Don Giovanni si manifesta come dissoluzione delle verità acquisite della tradizione: la musica trasforma Don Giovanni in “forma del negativo”, porta in evidenza il suo sfondo oscuro e lo fa diventare una “figura del possibile”.

Dati aggiuntivi

Autore
  • Umberto Curi

    Professore emerito di Storia della filosofia - Università di Padova

Anno pubblicazione 2002
Recensito da
Anno recensione 2003
Comune Milano
Pagine 249
Editore