“L’uroburos, il serpente che si morde la coda, è il simbolo dell’infinito spaziale e temporale. L’uroburos è anche il simbolo del paradosso logico”. Per non essere travolto e per orientarsi in una realtà infinitamente complessa e minuziosa, l’essere umano non può che osservarla e classificarla. Il libro di Doniger fa esattamente il contrario, perché utilizza deliberatamente un approccio spiraliforme. Tutti i testi citati sono indiani, ma le argomentazioni si basano su un confronto tra l’interpretazione indiana del sogno ed altre interpretazioni non indiane, soprattutto quelle elaborate nella Grecia antica e nell’Europa del XX secolo. I testi indiani che esplorano il significato dei sogni non condividono l’assunto occidentale che i sogni siano una realtà “debole” rispetto alla realtà “forte” della veglia. Esiste un solo termine indiano – svapna – che indica sia le immagini oniriche, ovvero il sogno “visto”, sia il “grado di realtà” da attribuire al sogno. Nei miti sui racconti di sogni condivisi, il sogno e la veglia appartengono alla stessa realtà che è, allo stesso tempo, sia fisica sia spirituale. Nel Rg Veda il più antico riferimento al sogno descrive un incubo e lascia ambigua la questione se la paura sia provocata dall’esperienza del sogno o dal contenuto del sogno. Nei miti sull’illusione è presente l’impossibilità di stabilire se siamo svegli oppure dormiamo e di capire quale parte dell’esperienza (sogno o veglia) sia la più reale. Un testo sanscrito medievale racconta la trasformazione del saggio Nārada in una donna e narra l’impossibilità di studiare l’illusione poiché è arrogante presumere di poter vincere la magia che inganna anche gli dèi. I miti indù riguardanti l’immagine della bocca di Dio abbattono la barriera fra il mito e la realtà. Al livello narrativo del mito, ciò che accade fuori dalla bocca di Dio viene considerato reale, mentre è allucinazione il mondo divino dentro la bocca di Dio. L’illusione è la magia divina che fa apparire reale il mondo fenomenico, mentre non lo è. “La visione della realtà può essere l’unica vera sanità mentale, ma dà la sensazione di essere pazzi. L’illusione è ciò che dà una sensazione di normalità”. Nel capolavoro della narrativa filosofica indiana, lo Yogavāsistha, i racconti di magia mostrano come il sognatore non può avere la certezza di essersi risvegliato dall’ultimo di una serie di sogni “incastrati” uno nell’altro. Nei miti sul sognatore sognato, il sognatore è costretto a valutare la possibilità di essere parte del sogno di qualcun altro ed a considerare il problema ontologico che costringe il protagonista ad un atto di fede, oppure ad un atto immaginativo per distinguere il reale da ciò che non lo è.