All'interno del cattolicesimo italiano il tema del rapporto con lo Stato è stato variamente affrontato, oscillando tra intransigenza e collaborazione. Nell'analisi di tale vicenda storica non si può prescindere dal peculiare e conflittuale rapporto tra nazione e religione in Italia, a motivo della presenza dello Stato vaticano. Il cattolicesimo risorgimentale, che per primo dovette affrontare tale questione, lasciò due tracce considerevoli: sottolineò il tema della condizione religiosa di un nuovo ordine politico e collocò il rapporto tra cattolicesimo e nazione nella cornice di una separazione istituzionale tra Stato e Chiesa. Lo sviluppo dell'idea di nazione, per la cultura ecclesiastica italiana, a partire dal XIX secolo è diventato il modo in cui poter accettare l'idea che lo Stato potesse/dovesse essere legittimato con un riferimento alla nazione. All'interno di questa situazione la promozione culturale dei ceti popolari, svolta per iniziativa dei movimenti e dei gruppi cattolici, da un lato ha risentito degli umori antimoderni a lungo prevalenti nel cattolicesimo italiano (con il risultato di rendere impossibile la distinzione tra cultura e religione), dall'altro ha messo in risalto la tendenza a dare del popolo una figurazione prevalentemente etnico-storica (per cui la nazione italiana, in quanto etnicamente cattolica, ha il cattolicesimo come suo dato costitutivo). Insieme a questi elementi si alimentò l'intenzione di riqualificare la morale cattolica quale fondamento etico collettivo dello Stato nazionale, con la convinzione di dover esercitare un ruolo di attiva egemonia intellettuale e morale. Ancora durante il fascismo non fu mai seriamente posta la questione di un sovvertimento della religione tradizionale degli italiani. Per questo motivo la presenza cattolica in ogni settore delle istituzioni pubbliche si ampliò, facendo concorrenza alla diffusione della "religione fascista", come è evidente nell'ambizione di Pio XI di riedificare una civiltà cristiana alternativa a quella moderna. La caduta del regime fascista mise in rilievo, sotto la coltre dell'uniformità, segni di disagio nell'Italia cattolica, corrispondenti all'erosione dei modelli e dei princìpi di ordine cristiano che erano stati contrapposti al liberalismo e al comunismo. In questa situazione, conclude l'autore, si sviluppò e si modellò l'azione politica del nuovo partito dei cattolici (la DC), che espresse la principale forza di governo dello Stato, riuscì a mettere in campo una capillare struttura associativa e affrontò la competizione ideologica derivante dall'inserimento nel contesto occidentale, dovendo infine subire l'avanzare della crescente secolarizzazione della società.