In quali condizioni l’opinione pubblica può diventare attore globale effettivo? Quali sono gli strumenti istituzionali per conferire un vero ruolo politico agli abitanti del mondo? Queste sono alcune delle domande cui Archibugi intende rispondere articolando l’analisi attorno al concetto di democrazia cosmopolitica, attraverso cui propone la creazione di nuovi canali istituzionali che consentano di aumentare la partecipazione dei “cittadini del mondo” alle politiche globali. La globalizzazione ha accentuato l’importanza qualitativa e quantitativa delle influenze esterne sulla democrazia, modificando le modalità di esercizio del potere nei singoli Stati: le aree in cui una comunità politica statale può attuare autonomamente le proprie decisioni sono di conseguenza sempre più limitate. Occorre dunque “reinventare” la democrazia, cioè stilare una serie di obiettivi sostanziali e affidarne la competenza a istituzioni globali: controllo sull’uso della forza legittima, accettazione delle diversità culturali, rafforzamento dell’autodeterminazione dei popoli, monitoraggio degli affari interni, gestione partecipativa ai problemi globali. Alla base del modello di democrazia cosmopolitica vi è però anche l’idea secondo cui non è desiderabile superare un determinato livello di accentramento del potere: è dunque necessario sviluppare la democrazia ai vari livelli di governance, reciprocamente diversi e coordinati. La democrazia cosmopolitica propone sia di integrare che di limitare le funzioni degli Stati esistenti con nuove istituzioni che dovrebbero avere competenza nella gestione delle questioni di rilevanza globale. Questa teoria diventa oggi tanto più interessante quanto più si assiste, da un lato, ad una impasse di quell’ondata di democratizzazione che aveva caratterizzato la fine del XX secolo e, dall’altro, alla mancata attuazione delle promesse sociali e politiche con cui l’Occidente aveva alimentato quel processo. Di fronte a questa stagnazione dell’emancipazione politica è necessario proporre una diversa strutturazione dell’ordine mondiale nel quale la democrazia all’interno di un paese sia conseguenza dell’autodeterminazione, in cui l’ingerenza esterna sia resa possibile solo a istituzioni imparziali e in cui la sovranità nazionale sia affiancata da un costituzionalismo globale. Il primo passo da compiere, conclude Archibugi, si muove nella direzione del rafforzamento delle organizzazioni internazionali, in particolare dell’ONU, che però devono essere soggette ai principi della democrazia (legittimità popolare, eguaglianza, nonviolenza, trasparenza e partecipazione).