L’Autore ci accompagna lungo un percorso puntuale e intenso sui fondamenti della ragione politica moderna colta nei suoi momenti decisivi, tra genesi e crisi: da Machiavelli a Voegelin, passando per Alberico Gentili, Hobbes, i controrivoluzionari cattolici, i teorici della Scuola di Francoforte, il libro si propone – con radicalità teorica, aderenza ai testi e consapevolezza storico-concettuale – la comprensione delle trasformazioni e delle derive della politica contemporanea. Il pensiero politico moderno nasce con l’obiettivo di ordinare la contingenza, sia essa raffigurata come disordine storico oppure concettualizzata a partire dalla nuova libertà mondana del soggetto. Nella prima parte del testo il pensiero moderno è visto affermarsi attraverso una pluralità di vie, caratterizzate tutte dall’esigenza di pensare la contingenza come fulcro della questione politica: una contingenza che cova in sé la necessità, che in Machiavelli è occasione della potenza, che in Gentili è insopportabile conflitto interno e che in Hobbes è condizione naturale dell’uomo prossima all’invivibilità. Proprio con il razionalismo hobbesiano la contingenza viene ritrascritta all’interno dell’orizzonte della necessità e della legalità, facendo dell’analisi realistica dell’individuo e delle sue interazioni una risorsa per legittimare un nuovo ordine artificiale. La rimozione della contingenza non riesce però a eliminarne del tutto le tracce, che permangono nella necessità come sua interna contraddizione. Conseguentemente, oggetto della seconda parte del libro è la contingenza che inerisce alla necessità della politica. Qui vengono considerate alcune delle critiche al modello prevalente della ragione moderna, avanzate in tempi e ambiti diversi: dai controrivoluzionari cattolici fra Settecento e Ottocento, che alla "cattiva" necessità del moderno oppongono una necessità ontologica fondativa (Dio o la storia); dai primi autori della Scuola di Francoforte che guardano alle esplosive contraddizioni dell’effetto-necessità degenerato in dominio e che ne mostrano appunto la non-necessità; da Eric Voegelin, che guarda all’effetto-necessità del moderno come teologia politica immanentizzata, contrapponendogli l’apertura critica alla contingenza. Il compito proposto dall’Autore consiste dunque nel pensare la contingenza fuori dalla dialettica di quest’ultima con la necessità, vero e proprio gioco di specchi fra costruzione e decostruzione. Ciò significa che le contraddizioni della ragione politica moderna devono essere pensate come "differenze", tracce di un’ulteriorità che il tramonto globale del moderno lascia intravedere, ma che occorre sviluppare in nuovi spazi e tempi.