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Le molteplici umanità non si sono succedute secondo una progressione lineare e necessaria: ognuna si è incamminata su una nuova traiettoria evolutiva, che è separata da una discontinuità rispetto a quella antecedente. Molto innovative sono state le tendenze di sviluppo e le potenzialità da ciascuna delineate. Noi possiamo tentare di spiegare ex post, sulla base degli eventi storici, come e perché queste tendenze di sviluppo e queste potenzialità siano venute in essere. Ma non sapremmo né potremmo dedurle da alcuna idea di natura umana fissa e invariante. Le molteplici umanità sono certamente interconnesse, ma solo in forma debole: ognuna nasce attraverso una trasformazione, figlia dell’improbabile.
Oggi si parla di estensioni dell’umano e di uomo aumentato intendendo che ormai la tecnologia è diventata una seconda natura, che trasforma radicalmente le nostre capacità comunicative, cognitive, percettive. Queste espressioni sono comode e pregnanti, ma non evitano notevoli ambiguità e difficoltà concettuali. Queste espressioni, infatti, presuppongono in primo luogo che possa esistere un’essenza dell’identità umana, che possa separare una volta per tutte ciò che è umano da ciò che non lo è. In secondo luogo, presuppongono anche che ciò che si aggiunge successivamente a questa essenza continui a restare in qualche modo isolabile e separabile, e che quindi sia in qualche modo possibile tornare indietro. Ma quello che oggi stiamo scoprendo dell’evoluzione e della storia umane ci chiede di prendere congedo da entrambi i presupposti. In primo luogo, l’identità umana è ed è sempre stata un processo incompiuto e in divenire, che si arricchisce di sempre nuovi aspetti e dimensioni. E questi aspetti e dimensioni si intrecciano vicendevolmente, facendo “emergere” nuove proprietà originali, indeducibili dalla somma delle parti isolatamente prese. In secondo luogo, l’evoluzione e la storia umana sono irreversibili: in ogni momento si aprono nuovi insiemi di possibilità, ma se ne chiudono anche altri. (…)
L’attuale età della globalizzazione e delle innovazioni tecnologiche a cascata è caratterizzata da una forte coerenza con questo senso profondo della condizione umana. Ma è caratterizzata anche dall’esasperazione di talune tendenze, che potrebbero condurre a drammatici e subitanei punti di rottura. È certo che, sin dall’emergere del linguaggio, della coscienza e dell’universo simbolico, una delle caratteristiche essenziali della nostra specie è stata una relativa autonomizzazione dall’universo materiale e dai vincoli spaziali. Tuttavia, in gran parte della sua storia, la nostra specie si è articolata in popolazioni separate e radicate in singoli luoghi, habitat, ecosistemi: la vita degli individui si svolgeva in genere entro scenari locali ben definiti, che modellavano in maniera altrettanto definita gli universi mentali, culturali, simbolici dei singoli individui. Certo non vi era un perfetto parallelismo. Gli universi culturali e simbolici sfuggivano talvolta a un’impronta troppo stretta dei luoghi. Ma la comunicazione diretta fra i due “mondi”, quello materiale e quello mentale, era comunque assicurata. Oggi, invece, il divorzio dai luoghi, cioè l’indebolimento dei vincoli spaziali, segna la stessa vita quotidiana degli individui. Oggi le interazioni pertinenti per l’identità di un individuo avvengono non in un unico spazio locale, ma in spazi molteplici e intrecciati, in cui locale e globale, materiale e immateriale, simbolico e virtuale, presente, passato e futuro interagiscono in varie forme. Ciò non equivale affatto a un’eliminazione pura e semplice dei vincoli spaziali e temporali, bensì all’insediamento in uno spazio più ampio e complesso, dotato di un insieme di possibilità più esteso e ancora poco esplorato. (…)
Il nuovo umanesimo planetario, se sarà, sarà prodotto dalla coscienza della comunità di destino che lega ormai tutti gli individui e tutti i popoli del pianeta, nonché l’umanità intera all’ecosistema globale e alla Terra. L’umanità dei nostri giorni deve apprendere a pensarsi come umanità proprio a partire dal pericolo che lega tutti i popoli allo stesso destino, di vita o di morte. Tutti gli esseri umani condividono gli stessi problemi fondamentali di vita e di morte. Una morte di tipo nuovo, la possibilità di autoannientamento dell’intera specie, si è introdotta nella sfera di vita dell’umanità. L’umanità può sperare di risolvere i suoi problemi vitali solo riconoscendosi come una comunità di destino, comunità una e molteplice, condizione emergente della condizione umana nel pianeta. L’universalismo che ne deriva non oppone la diversità all’identità, l’unità alla molteplicità. Si basa sul riconoscimento dell’unità nelle diversità umane e delle diversità nell’unità umana.
(da M. Ceruti, Il tempo della complessità, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2018, pp. 179-181, 184-185 e 188-190)*
La conferenza si inserisce tra le iniziative del festival Modena Smart Life #FUTURE Modena018, in programma dal 28 al 30 settembre 2018, organizzato dal Comune di Modena insieme a Unimore, Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e Fondazione San Carlo.
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.