Il volume di Francesco Marchesi, dedicato al rapporto tra storia e politica in Machiavelli, si distingue innanzitutto per la sua impostazione metodologica che, anziché rinvenire i termini di una filosofia della storia machiavelliana, si propone di far emergere la specifica riflessione filosofico-politica machiavelliana a partire dal modo in cui Machiavelli conduce la propria ricerca storiografica. Questo lavoro si contraddistingue pertanto per l’originale decisione di far dialogare, in primo luogo, la teoria della storia di Machiavelli con la sua pratica storiografica e, in secondo luogo, entrambe con le altre sfere della sua elaborazione intellettuale, in particolare la sua filosofia politica. Si tratta di una scelta che si propone l’obiettivo di riformulare in termini filosofico-politici il problema, tradizionalmente ritenuto filologico, del “Machiavelli storico”. È allora da questa impostazione che si pongono alcune questioni centrali nel rapporto tra storia e politica nel pensiero di Machiavelli. L’azione politica procede attraverso strutture di continuità o privilegia le rotture rivoluzionarie? Il mutamento delle istituzioni avviene per progressive accumulazioni o per improvvise rotture? La storia è determinata da forme chiuse che si corrompono dando vita a nuove forme o da processi osmotici di trasformazione delle forme esistenti in forme nuove e diverse? All’interno di questo ambito problematico, l’indagine sul tema del riscontro quale fulcro della storiografia machiavelliana vuole rispondere alle questioni relative alla contingenza, al rapporto tra forma e mutamento, alla relazione tra opportunità politiche e condizioni storico-sociali.
Il primo capitolo del libro muove da quello che viene ritenuto il perno della teoria machiavelliana della storia – la nozione di riscontro – con un’analisi che, pur attenta al dibattito classico sul celebre «tema dei Ghiribizzi» e ai suoi sviluppi più recenti, propone una lettura peculiare del testo del 1506, cogliendone il valore specifico come immagine machiavelliana dell’evento storico: una figura mobile intesa come incontro, più o meno armonico, tra i modi di procedere e la qualità dei tempi, l’azione politica e la congiuntura storica. Attraverso le variazioni dei due poli e del loro rapporto, vengono così osservati, nel corso dell’evoluzione dell’intero pensiero di Machiavelli, gli slittamenti del significato a cui questa immagine è riferita. In questa chiave già il testo dei Ghiribizzi al Soderini presenta, secondo Marchesi, una strutturale molteplicità: alla superficie del testo viene individuata un’immagine deterministica del riscontro, secondo la quale è la fortuna a definire il corso delle condotte umane, mentre a un livello interno di lettura, mediato dal riferimento al dialogo epistolare con Bartolomeo Vespucci del 1504, emerge una possibile interpretazione prudente del riscontro, che ammette la possibilità dell’adeguamento dell’azione umana ai tempi. Infine, nei marginalia del testo, Marchesi individua una terza figura del riscontro in grado di postulare la possibilità di una forzatura del quadro di riferimento da parte dell’azione politica. Senza cancellare il segno prevalentemente deterministico attribuito dalla critica a questo testo, i Ghiribizzi risultano così il quadro di riferimento dell’intera dottrina machiavelliana del riscontro e dunque della sua concezione della storia.
La seconda parte del libro è dedicata all’esame dell’evoluzione delle possibilità non svolte dai Ghiribizzi nel rapporto tra la storia e la politica: se infatti nel Principe la tonalità rimane entro un orizzonte deterministico, nei Discorsi viene individuato un approfondimento dell’ipotesi dell’adeguamento, mentre nelle Istorie fiorentine sembra ripresa la formula della forzatura dei tempi. Nel Principe Marchesi individua inoltre una prima ipotesi di definizione razionale del rapporto tra virtù e fortuna, nell’ambito di uno sguardo al lavoro dell’arte dello stato e di un innovativo assestamento della lingua machiavelliana della politica. Ma è nei Discorsi che è rintracciabile l’idea del riscontro come prudenza, ossia come adattamento dei modi di procedere alla qualità dei tempi, che rimanda a una teoria della storia connotata dall’esigenza di pensare un dispositivo di limitazione del divenire. La conservazione degli ordini, seppur nel movimento e nel conflitto, permette in questo modo di allontanare i rischi di dissoluzione della repubblica attraverso il controllo istituzionale e lo sfruttamento della dinamica storica: si tratta di una visione che pensa il mutamento da una forma politica alla successiva attraverso uno sviluppo continuo.
La terza parte del volume è dedicata al confronto machiavelliano con il mestiere dello storico nelle Istorie fiorentine. L’analisi muove dalla convinzione che un’indagine attorno alla natura della pratica storica machiavelliana possa rendere conto di un certo numero di variazioni concettuali, fino a definire una teoria della storia non sovrapponibile a quanto rinvenuto nelle opere precedenti. Un’ipotesi che, per Marchesi, emerge completamente nel terzo libro dell’opera: la ricostruzione del tumulto dei Ciompi mostra infatti a Machiavelli, impegnato nell’attività di storico, non solo l’apparire di nuove soggettività politiche di problematica collocazione, ma soprattutto di inedite pratiche in rapporto ai tempi. Tra capitolo XI e XIII del terzo libro delle Istorie è pertanto identificabile la rottura ultimativa con il quadro teorico della prudenza e l’elaborazione di un’originale formulazione del riscontro. La requisitoria dell’anonimo Ciompo non esprime la posizione politica di Machiavelli, ma mostra piuttosto una nuova modalità della prassi politica in rapporto alla qualità dei tempi, da cui Machiavelli ricava un’opzione storica integralmente nuova. Un’accezione del riscontro, infine, che guarda alla possibilità di una forzatura delle condizioni date. Si tratta di una traiettoria che non culmina nella costruzione di un nuovo paradigma politico-istituzionale, come Machiavelli sembra auspicare in un testo coevo come il Discursus florentinarum rerum, ma verso una diversa declinazione del movimento storico che, come sempre in Machiavelli (e in larga parte del pensiero rinascimentale), mette a tema il rapporto problematico e inesauribile tra desiderio e potenza in riferimento alla qualità dei tempi.