Video integrale
L’incontro di Francesco con il lupo di Gubbio, narrato nei Fioretti, costituisce uno tra i racconti più famosi sulla sua vita. Forse, insieme alla predica agli uccelli, l’episodio si pone al centro dell’immaginario collettivo quando si pensa alla santità di Francesco. Oggi in particolare i due racconti, legati al contatto con gli animali da parte del Santo, toccano profondamente la nostra sensibilità, così attenta alla questione ecologica. Non per nulla, l’Assisiate è diventato il modello contemporaneo per uno sforzo con il quale ristabilire rapporti equilibrati e integrati tra l’uomo e la natura, in un rispetto capace di creare pace ecologica e sostenibilità ambientale. Ed è per questo che spesso si sente ripetere, e giustamente, che se fossimo come lui, potremmo compiere il miracolo della rappacificazione tra uomo e natura.
Questa sensibilità contemporanea rischia però di assumere come centrale un aspetto che in Francesco era forse marginale o addirittura completamente assente, e di perdere invece quel nucleo fondamentale del racconto del lupo di Gubbio, valido ancora per noi.
Al centro dell’episodio infatti non vi è una questione ecologica, ma politica. Nel racconto non si tratta di avere pietà del lupo in quanto lupo, ma in quanto escluso dalla città. La domanda sollevata dalla storia è tanto semplice nel suo centro narrativo, quanto difficile nella soluzione: come integrare il diverso e l’escluso all’interno dei rapporti cittadini? E cioè: è possibile e giusto effettuare una tale operazione con un lupo o l’unica soluzione di questa contrapposizione è la scelta oppositiva guidata dalla violenza? A queste domande il racconto offre una serie di risposte connesse ad un elemento essenziale, proposto come vera soluzione per superare la difficile e pericolosa situazione: tra i due gruppi c’è bisogno della presenza di un “mediatore politico”, capace di rendere possibile l’impossibile, cioè di integrare il diverso-pericoloso dentro le relazioni cittadine attraverso un processo di dialogo in cui si accorciano le distanze tra le parti e si superano i sospetti e le paure.
A questa prima osservazione occorre aggiungere un secondo rilievo generale, relativo al genere letterario del nostro racconto. Indubbiamente l’episodio presente nel libro dei Fioretti ha una natura essenzialmente parabolica, che lo rende un racconto non storico ma sapienziale. Forse il lupo rappresentava e impersonava un brigante, la cui presenza terrorizzava la gente. Si trattava cioè di qualcuno pericoloso e dunque escluso, o anche viceversa: di uno escluso e dunque pericoloso. In tal senso allora l’episodio, per essere capito e chiarito, potrebbe essere affiancato a quanto raccontato da un’altra fonte sulla vicenda dei frati dell’eremo di Monte Casale, i quali si rivolgono a Francesco per sapere cosa fare con un gruppo di briganti presenti da quelle parti. Questi, infatti, pur vivendo di espedienti o di latrocini, venivano spesso in convento a chiedere da mangiare. La domanda era precisa: era giusto dare loro un aiuto, o non sarebbe stato meglio trattarli duramente? La benevolenza dei frati non favoriva forse lo stile di vita delinquenziale di quei briganti? La risposta del Santo fu sicuramente sorprendente, perché contraria ad ogni apparente logica: invitò infatti i suoi frati ad andare dai briganti portando loro con gentilezza e premura del cibo, e poi dovevano ritornare ancora, aumentando la quantità e la qualità della loro offerta. Questi incontri, con i quali i frati interrompevano ogni forma di sospetto e rifiuto, avrebbero trasformato anche il cuore di quegli emarginati, aiutandoli ad abbandonare la loro vita fatta di violenza e soprusi. La proposta di mediazione suggerita da Francesco ai frati di quell’eremo riuscì, di fatto, a ricondurre quegli esclusi all’interno di nuovi rapporti di fiducia e di rispetto, fino a far decidere alcuni di loro non solo a cambiare vita, mettendosi al servizio del convento, ma anche ad abbracciare la stessa vita religiosa.
(da P. Maranesi, Francesco e il lupo. Strategie politiche per una società più inclusiva, Sansepolcro, Aboca, 2020, pp. 11-14)