• Arte e sacro

    Il ruolo delle pratiche artistiche nelle tradizioni religiose

Visione profetica e arti in Hildegard Von Bingen

  • venerdì 25 Ottobre 2024 - ore 17.30
Centro Studi Religiosi

Video integrale

Molti secoli prima che la multimedialità diventasse il pane quotidiano della nostra esperienza sia comunicativa che artistica, Ildegarda di Bingen (1098-1179), vissuta per tutta la vita all’ombra della regola di San Benedetto, sperimentò eventi interiori che accesero in lei l’eccezionale capacità di vedere, ascoltare, interpretare e tradurre in linguaggio umano, simultaneamente, una narrazione nuova della storia umana e cosmica, che apprendeva come rivelazione dall’alto in forma di visioni («quello che non vedo non lo conosco», scrisse descrivendo le modalità della propria esperienza) accompagnate da una vox che gliene faceva comprendere il significato.

Dall’esperienza delle visioni derivano tutti i suoi scritti, non solo la trilogia profetica (Scivias, Liber vitae meritorum e Liber divinorum operum), ma anche le opere naturalistiche, poetico-musicali, esegetiche e agiografiche. La prima delle tre grandi opere profetiche, scritta a partire dal 1141, venne illustrata nel monastero fondato dalla stessa Ildegarda a Rupertsberg, con un ciclo di trentacinque miniature. Questo ciclo è il frutto di un piano accurato e sofisticato, che si ritiene oggi risalire alla stessa Ildegarda; ciò nonostante, è stato relativamente poco studiato, forse perché a partire dal 1945 il manoscritto originale è scomparso. Conservato a Rupertsberg, nel 1632 a seguito di un incendio venne trasferito nella fondazione gemella di Eibingen, poi nella biblioteca di Wiesbaden e, durante la Seconda guerra mondiale, a Dresda per metterlo al sicuro; ma proprio da qui, dopo l’incendio provocato dal bombardamento, se ne sono perdute le tracce. Fortunatamente la monografia di Luis Baillet ne ha conservato una documentazione fotografica b/n. Esiste poi un facsimile manoscritto eseguito negli anni 1927-33 ad Eibingen, un prodotto di rara bellezza, che il confronto con le foto dell’originale permette di utilizzare con consapevolezza critica.

Il carattere più interessante delle miniature dello Scivias risiede nella modalità di interazione delle immagini col testo: oltre a introdurre alle singole visioni, ne suggeriscono infatti livelli diversi di lettura, non presentandosi come stretto equivalente della visione descritta nel testo, ma come una prima opzione interpretativa. Madeline Caviness legge la relazione fra testo e immagini come una dinamica creativa, in cui l’esperienza della badessa di Bingen si sviluppa in due discorsi correlati ma non semplicemente sovrapponibili; per esempio, le immagini sottolineano la potenza femminile della divinità in maniera più chiara di quanto non faccia il testo. Su questa linea si colloca anche l’analisi di Nathaniel Campbell, che esamina la funzione delle immagini in relazione ai contenuti teologici del testo, come se Ildegarda, attraverso il discorso figurato, tentasse un affondo nel mistero, impossibile col solo strumento della parola.

E, si può aggiungere, la valenza comunicativa e simbolica riconoscibile nelle immagini invita anche a guardare alle opere ildegardiane illustrate come a un tentativo di coinvolgere i destinatari del messaggio nella loro interezza di creature corporee e sensibili quali sono gli esseri umani, attirandoli all’ascolto del messaggio profetico con la forza dei colori e della luce, secondo modalità proprie del simbolismo nella cultura monastica. Attraverso un sottile gioco di rimandi visuali (i colori innanzitutto; forme, dimensioni e numero di elementi costitutivi; strutture compositive, fino alle stesse cornici) diventa possibile “aprire” la simbologia delle miniature, leggendole in profondità. Così si ricostruisce la pienezza del discorso teologico veicolato dal messaggio profetico, mettendo in luce i motivi-chiave visuali che trovano puntuale riscontro nell’uso preciso e quasi “tecnico” del linguaggio di Ildegarda; la considerazione approfondita delle miniature supporta dunque anche l’ermeneutica testuale vera e propria, rendendo più agevole orientarsi nella complessa scrittura dello Scivias e restituendo una percezione più completa dell’esperienza visionaria ildegardiana.

(da M. Pereira, Una preziosa eredità: il manoscritto miniato dello Scivias di Ildegarda di Bingen, in «Arte Cristiana. Rivista internazionale di storia dell’arte e di arti liturgiche», n. 915, novembre/dicembre 2019, pp. 403-404)

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