L’autonomia che oggi riconosciamo all’opera d’arte e alle pratiche artistiche, sintetizzata nell’indipendenza dell’attribuzione del valore estetico e nel concetto di “arte per l’arte”, è una costruzione storica recente, che inizia a definirsi nel corso del Rinascimento e giunge a compimento tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Prima di questa “era dell’arte”, come la definisce Hans Belting, il valore estetico di ciò che oggi consideriamo come opera d’arte aveva un ruolo tutto sommato marginale e secondario rispetto alla sua primaria funzione rituale e religiosa. Ne è esempio paradigmatico l’icona acheropita, l’immagine del Cristo non realizzata da mano umana riconosciuta come sacra e miracolosa, che ben poco ha in comune con un attuale dipinto di soggetto religioso o un ritratto contemporaneo. In questo senso, danza, teatro, musica, poesia, pittura, scultura e architettura erano un momento privilegiato dell’autorappresentazione di una tradizione religiosa: l’immagine della divinità ne costituiva una vera e propria presenza; i luoghi sacri regolavano le forme di manifestazione del divino e della sua comunicazione con la dimensione terrena; la poesia e le rappresentazioni teatrali avevano un ruolo di primo piano nella celebrazione delle festività e, allo stesso tempo, nella trasmissione dei miti fondativi e delle tradizioni di culto.
Il ciclo di conferenze del Centro Studi Religiosi della Fondazione Collegio San Carlo, come di consueto diviso in due parti (ottobre 2024-gennaio 2025 e febbraio-maggio 2025), vuole approfondire il ruolo che viene attribuito a opere e pratiche artistiche nelle diverse tradizioni religiose.
Nella prima parte verrà perciò approfondito il ruolo della rappresentazione delle pratiche religiose all’interno della tragedia e della rappresentazione teatrale nelle feste religiose della Grecia classica; i fondamenti teologici dei diversi schieramenti che si sono affrontati nel corso del cosiddetto conflitto delle immagini intorno alla natura e al ruolo delle immagini nei concili di Nicea e Hieria; la rappresentazione visiva che la stessa Hildegard von Bingen ha voluto realizzare nelle miniature che accompagnano i suoi manoscritti; il ruolo dello stupa come monumento paradigmatico del buddhismo; e la funzione della scrittura e della geometria nell’ambito dell’aniconismo islamico.
Con il contributo di:
Programma del ciclo di lezioni 2024/2025