Nel XXI secolo Stato e mercato non saranno quelli che abbiamo conosciuto nel XX secolo. Il mercato non sarà – come recitano i tradizionali manuali di economia – solo un insieme di scambi di natura economica che funziona sulla base di specifiche regole e condizioni (libertà degli attori, sistema delle monete e dei prezzi ecc.), perché sarà sempre più una forma di regolazione sociale determinante per la definizione delle nuove forme di vita. Lo Stato, lungi dall’essere il detentore del monopolio della forza legittima – come recita una classica definizione -, sarà sicuramente uno degli attori sulla scena politica globale, ma certamente non sarà né l’unico né il principale, visto il progressivo emergere di istituzioni internazionali e intergovernative in grado di determinare le politiche pubbliche. Inoltre, non può essere trascurato il fatto che sempre più numerosi sono i fattori (demografici, ambientali, sociali, culturali) che sfuggono alla rigida contrapposizione tra sfera politica e sfera economica. Tali trasformazioni sono già in corso e generano slittamenti delle competenze e rimodulazioni delle sfere d’azione, tanto che i nuovi Stati e i nuovi mercati si trovano sempre più ad agire in spazi comuni, con il rischio di produrre inefficaci spinte contraddittorie e pericolose tensioni conflittuali sul piano sociale. Di qui, allora, la necessità di abbandonare i tradizionali schemi culturali che prevedevano – a seconda del punto di vista – o il primato della politica o il primato dell’economia. La fase attuale della globalizzazione ha infatti dimostrato i limiti oggettivi dei meccanismi di autoregolazione dei mercati (in particolare, l’instabilità dell’interdipendenza commerciale, le disfunzioni dei mercati finanziari e gli effetti sociali dei processi di delocalizzazione industriale). Ma, allo stesso tempo, lo sguardo globale ha messo a nudo la pretesa della politica di presentarsi come il principale "motore" dello sviluppo, vista l’impossibilità di governare tout court i processi di trasformazione del capitalismo, le nuove forme di lavoro postfordista e la riformulazione delle identità culturali e delle appartenenze sociali.
Con la settima edizione del seminario di cultura europea «Le frontiere dell’Europa» il Centro Culturale intende discutere le attuali tendenze di sviluppo dei rapporti tra sistemi economici e istituzioni politiche. Oggi è infatti possibile rilevare, a livello globale, la presenza di un deficit di governabilità dei flussi economici, finanziari e commerciali (con rilevanti conseguenze sugli assetti finanziari, sui sistemi delle imprese e sul mercato del lavoro), con impatti diversificati sulle politiche pubbliche e sulle istituzioni nazionali. Inoltre, sembra aumentare – seppur in modo disomogeneo – l’importanza delle economie informali, che trovano ragioni di crescita proprio negli spazi lasciati liberi dal nuovo capitalismo, soprattutto a causa dell’irrompere di nuovi soggetti sociali nella sfera pubblica. Per questo motivo, allora, sembra utile analizzare le trasformazioni in corso, cercando di comprendere il presente passaggio d’epoca, ripensando criticamente le tradizionali concezioni politiche ed economiche alla luce delle attuali interazioni tra politiche pubbliche (locali, nazionali, sovranazionali) e processi macro- e micro-economici, all’interno di uno sguardo più complessivo sulle transizioni culturali di lungo periodo. In questo processo di riorganizzazione globale, l’Unione Europea può svolgere un ruolo di primo piano, proprio grazie alla sua duplice natura di mercato unico e di organizzazione politica comunitaria e intergovernativa. Oltre ad essere uno dei tre poli economici mondiali (insieme a Nord America e Asia orientale), l’Europa è infatti l’unico luogo in cui si è finora sperimentato un nuovo modello di sovranità, a geometria variabile o multilivello, in grado di confrontarsi – senza i tradizionali riduzionismi – con l’attuale complessità globale caratterizzata da una sostanziale interdipendenza e da un crescente multilateralismo. Il modello del multilevel government sembra dunque essere, finora, l’unica risposta istituzionalmente innovativa ai problemi posti dall’attuale fase della globalizzazione, applicabile in particolare alle politiche di integrazione internazionale e coordinamento tra strutture economiche e istituzioni politiche. Ed è allora su questo piano che l’Unione Europea è chiamata a fornire modelli di sviluppo politico, economico e sociale, sostanziando la sua specificità istituzionale e costituendosi come spazio di diritto in cui le esigenze di efficienza e competitività si temperino con le richieste di libertà e di giustizia sociale.
Riepilogo
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Informazioni e contatti | La partecipazione è libera. Su prenotazione sono resi disponibili saggi, documenti e materiali informativi che permet-tono l'approfondimento delle singole lezioni. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione. Il seminario gode dell'accredito ministeriale per la formazione del personale della scuola (DM 18 luglio 2005). Le lezioni si tengono presso la Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo 5, Modena Tel. 059/421210, fax 059/421260 cc@fondazionesancarlo.it www.fondazionesancarlo.it |