Religioni e finanza. L'etica economica nella sfera pubblica europea

Le frontiere dell'Europa

Seminario di cultura europea, marzo - aprile 2009


Il dibattito che anima la sfera pubblica mostra in forme sempre più eclatanti la crescente attenzione per sistemi economici che, oltre all’obiettivo della produzione di beni materiali, si pongano la finalità di promuovere servizi alla persona, integrazione sociale, consolidamento dell’identità civile. Divenuti senso comune nel quadro della recente crisi finanziaria ed economica che ha scosso le fondamenta del capitalismo globale, questi processi sono tuttavia ben radicati in prospettive teoriche e prassi d’impresa da svariati decenni. Testimoniano la rinnovata esigenza di risalire alla radice comune di etica ed economia in forme che spesso rivelano un ceppo religioso, dove l’impegno di fede dei singoli si tramuta in scelta d’investimento o di consumo. A questo insieme di temi il Centro Studi Religiosi dedicherà il nono seminario di cultura europea.
Il quadro legislativo europeo, pur nella difformità degli ordinamenti nazionali, presenta alcuni tratti comuni a tutti gli Stati-membri. Su alcuni aspetti l’Unione Europea ha peraltro prodotto documenti – si pensi al Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale d’impresa del 2001 – che hanno dato impulso ad adeguamenti normativi comuni. La questione della responsabilità chiama evidentemente in causa princìpi di condotta le cui matrici non possono venire ridotte a pura osservanza delle leggi. In questo senso gli orientamenti etici e le difformi ascendenze morali e teologiche nelle tradizioni civili e costituzionali dei vari Stati-membri dell’Unione possono aiutare a comprendere la diversità dei singoli ordinamenti, nonché il differente senso civico che li anima.
Chiave di volta di un sistema economico che garantisca da un lato diritti fondamentali come l’accesso al credito e dall’altro il futuro delle prossime generazioni mediante la sostenibilità ambientale, la questione della responsabilità sociale d’impresa deve essere rigorosamente definita per evitare comportamenti opportunistici di mercato tesi a marginalizzare la concorrenza o anche a mascherare la gestione non etica dell’impresa attraverso politiche di redistribuzione filantropica che creino consenso, ma non equità.
Sul terreno più propriamente finanziario si manifestano tendenze nelle quali l’appartenenza a comunità o tradizioni religiose diviene elemento dirimente nelle scelte di utenti e gestori. Ci si riferisce alla diffusione di modalità di finanza (la si definisca "etica", "alternativa" o quant’altro) in cui categorie come moralità e peccato sono tornate ad assumere rilevanza ai fini della decisione finanziaria. In queste esperienze l’investimento del credito è subordinato a considerazioni di carattere religioso o etico. Vi sono diverse strategie disponibili per privilegiare aziende la cui condotta di business risulti "morale", coinvolgendo la maggior collettività possibile nelle scelte finanziarie, o anche promuovendo forme di auto-organizzazione tra i soci per indirizzare, con campagne di attivismo azionistico, le scelte dell’impresa. In generale, il comparto della finanza alternativa si caratterizza per un tentativo di conferire la maggiore trasparenza e controllabilità possibile a tutte le transazioni, in modo che gli utenti – soci e risparmiatori – possano godere di un codice di tracciabilità etica dei loro investimenti.
La finanza islamica costituisce evidentemente un caso speciale di questo più generale fenomeno. Ben radicate su scala globale da diversi decenni, le società islamiche di gestione finanziaria (con i loro comitati di ulama), hanno assunto dimensioni considerevoli, con giri d’affari stimati ormai nell’ordine di diversi miliardi di dollari annui. Apparentemente non colpite dalla grave crisi dei mutui subprime, le società islamiche di gestione si reggono su un principio di etica economica che le differenzia dalle esperienze di matrice cristiana presenti nel capitalismo occidentale. La proibizione del tasso a interesse (riba) determina infatti una condivisione di rischi tra gestori e utenti del tutto aliena dalla prassi della finanza capitalistica e capace di generare rendimenti tanto sul piano del microcredito, quanto su quello delle grandi transazioni globali, caratterizzate da flussi estremamente complessi e per questo difficili da sottoporre in toto alle norme sciaraitiche, ma fondamentali per la finanza araba che opera prevalentemente nella City di Londra.
Nel cuore del cristianesimo europeo, e in particolare nel cattolicesimo italiano, non è dato comunque rinvenire uniformità teoriche od organizzative in merito al rapporto tra etica ed economia. Nella galassia del cattolicesimo italiano, manifestazione di una Chiesa dalle molte anime spesso in contrasto tra loro, lo statalismo concordatario su cui si fonda il sostentamento del clero convive con un’imprenditorialità diffusa, quasi sempre di impostazione cooperativa, che ha fatto la fortuna sociale ed ecclesiale di diversi movimenti. Accanto alla solidarietà internazionale e all’etica stringente dell’associazionismo equo-solidale, permane poi una grande finanza cattolica ben insediata nella cabina di regia del capitalismo italiano, indicando la complessità e la pluralità dei rapporti tra le religioni e la sfera economica.

Riepilogo

Anno accademico
Tema
  • Religioni e finanza
Periodo
Informazioni e contatti

La partecipazione è libera. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione. Il seminario gode dell'accredito ministeriale per la formazione del personale della scuola (D.M. 18 luglio 2005).
Le lezioni si tengono presso la Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo 5, Modena
Tel. 059/421210, fax 059/421260
csr@fondazionesancarlo.it
www.fondazionesancarlo.it

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17/03/2009

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