Peccato e pena. Responsabilità degli uomini e castigo divino nelle religioni dell'Occidente

Ciclo di lezioni, ottobre 2006 - gennaio 2007


La questione del peccato indica il lavoro compiuto dalle religioni sul confine tra il potere di commettere il male e la genesi della responsabilità individuale. Mentre il male può essere rintracciato nella costituzione del cosmo e attribuito a un caos primigenio, oppure può risalire direttamente al principio divino in quanto tale, la dottrina del peccato si impernia sull’idea di colpa.  Letture cosmogoniche o teogoniche del male si sono radicate anche in movimenti culturali e religiosi situati ai margini della tradizione giudaico-cristiana, ma la concezione del peccato e della colpa rappresenta l’aspetto più specifico di questa tradizione. Il peccato vi entra in scena come atto di ribellione contro la volontà e la legge divina, per effetto di “orgoglio e disubbidienza”. In questo senso il riconoscimento del peccato, assumendo le forme di un racconto della caduta, funge da schema mitico che mostra la valanga di effetti innescata da una situazione di scelta, in cui la libertà umana – libertà di contravvenire a un divieto – fa i conti con una perdita e si manifesta quindi nella sua tragicità. Il racconto del peccato originale si configura come codice di interpretazione della fallibilità propria dell’agire umano. Oltre a costituire l’architrave del messaggio biblico, il peccato originale è divenuto pertanto un metro sul quale il pensiero teologico e quello filosofico hanno misurato le dimensioni da attribuire a concetti fondamentali quali la libertà, la scelta, l’autonomia morale, la condizione umana. Il vocabolario della colpa porta a interiorizzare l’esperienza del peccato, interpretandola come incancellabile dalla natura umana e pertanto fondamentale nell’intero costituirsi del rapporto tra umano e divino. Indicando una responsabilità, mette anche in moto un meccanismo di penitenza nel quale la colpa individuale venga punita per ambire alla redenzione. La dialettica tra peccato e pena apre dunque uno nuovo scenario, in quanto la dimensione dell’interiorità si coniuga con la sfera delle istituzioni, dove il divieto divino si correla alla norma giuridica, producendo una gradazione e anche un conflitto tra ambiti di penitenza e di giudizio.

La scena pubblica della colpa si declina in modi diversi a seconda dei contesti storici e culturali. Il mondo greco, che non conosce l’arcano dell’interiorità e pensa al male nei termini di un destino dipendente dalla crudeltà o dalla clemenza degli dèi, ha trovato nella tragedia un luogo di elaborazione del complesso di colpa, coinvolgendo il pubblico in un rituale sacro nel quale il giudizio sulle azioni di personaggi mitici serve da specchio per rinsaldare le norme condivise.Il mondo cristiano ha invece sperimentato una complessa differenziazione di sfere che ha diversificato i soggetti istituzionali, i livelli di infrazione e gli ambiti di giudizio. Nel lungo Medioevo situato tra il Concilio Laterano IV del 1215 e l’avvento della Riforma, le forme di confessione dei peccati e le strategie penitenziali hanno messo in risalto l’emersione di ambiti distinti di esercizio della pena, tra foro ecclesiastico penitenziale e foro giuridico pubblico. L’ermeneutica biblica del mondo protestante, viceversa, privilegiando la prospettiva teologico-politica delle “due città” e gli intrecci tra linguaggi del peccato e linguaggi della corruzione, tra collettivo religioso e collettivo politico, ha inquadrato la dimensione della penitenza e della pena nell’orizzonte dell’autonomia dell’ordine politico e del rapporto (di separazione o convergenza) tra autorità ecclesiastica e autorità politica.

Il ciclo di lezioni del Centro Studi Religiosi si propone di esaminare questi nodi tematici in diversi contesti (attraverso analisi filosofiche, teologiche, storico-religiose e giuridico-morali) per ricostruirne le trasformazioni di lunga durata e l’incidenza sulla situazione contemporanea, dove gli effetti della natura umana sulla convivenza e il peso delle scelte religiose nell’arena pubblica continuano a rivestire un ruolo di primo piano. Lo scenario della secolarizzazione, con la concomitante marginalizzazione del peccato e la sua tendenziale riduzione a “crimine”, non cancella definitivamente l’esigenza di legittimare moralmente la pena e di mettere in luce le differenze categoriali tra vendetta, pena e misura amministrativa, facendo della “questione della colpa” una funzione regolatrice dove si intersecano piani teologici, etici e giuridici. Siamo così proiettati nell’universo del presente, dove la ferita inferta alle collettività da colpe abnormi (crimini contro l’umanità, genocidi, apartheid) invoca pene giudiziarie e morali capaci tuttavia di non compromettere le prospettive di concordia e la sapiente gestione della memoria collettiva.

Riepilogo

Anno accademico
Tema
  • Peccato e pena
Periodo
Informazioni e contatti La partecipazione è libera. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione. Il ciclo di lezioni gode dell’accredito ministeriale per la formazione del personale della scuola (DM 18 luglio 2005) e, nei limiti della normativa vigente, prevede l’esonero dal servizio per i partecipanti. Le lezioni si tengono presso la Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo 5, Modena.

Tel. 059/421210, fax 059/421260,
csr@fondazionesancarlo.it

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Conferenze

10/10/2006

I concetti del male nella cultura contemporanea

Pier Paolo Portinaro

Centro Studi Religiosi

31/10/2006

La caduta originaria nella storia della teologia e della filosofia

Marco Ravera

Centro Studi Religiosi

07/11/2006

Complesso di colpa e interiorizzazione della vergogna

Guido Paduano

Centro Studi Religiosi

21/11/2006

Il giudice delle anime al tribunale della penitenza

Roberto Rusconi

Centro Studi Religiosi

16/01/2007

La responsabilità umana tra teologia e diritto

Alberto Bondolfi

Centro Studi Religiosi

30/01/2007

Domanda di giustizia e prospettive di concordia

Gustavo Zagrebelsky

Centro Studi Religiosi