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Da almeno due secoli la «nazione» costituisce un punto di riferimento fondamentale nei meccanismi di formazione e di consolidamento delle identità collettive e opera, al contempo, come una forza storica di prima grandezza, suscitando appassionate e talora laceranti discussioni. Preparata da una gestazione plurisecolare e poi evocata nella sua straordinaria potenza e nella sua costitutiva ambiguità fin dall’epoca delle Rivoluzioni americana e francese e di Napoleone, essa ha innervato gran parte della storia dell’Ottocento e del Novecento, rendendo strutturalmente fragili gli equilibri della Restaurazione in Europa, animando le rivoluzioni del 1848, dando sostanza ai processi di unificazione di Italia e Germania, producendo la lenta ma inesorabile agonia degli imperi asburgico e ottomano, irrigidendo e moltiplicando le contrapposizioni da cui ebbero origine la prima e la seconda guerra mondiale, fornendo un’efficacissima parola d’ordine alla stagione del wilsonismo e a quella della decolonizzazione, rispettivamente nel primo e nel secondo dopoguerra, ritornando prepotentemente ma problematicamente alla ribalta all’indomani del 1989, l’annus mirabilis della «rivoluzione in Europa». Elemento decisivo delle lotte di liberazione dei popoli oppressi e, nello stesso tempo, di molteplici disegni di oppressione e di conquista, delle politiche imperialistiche delle potenze europee e delle ideologie anti-imperialistiche dei paesi emergenti del Terzo mondo, la «nazione» ha rappresentato più in generale – e rappresenta ancora in misura rilevante – un richiamo di straordinaria efficacia per gli Stati grandi e piccoli impegnati ad avviare o a consolidare giganteschi sforzi di modernizzazione politica, economica e sociale e nel contempo proiettati a rafforzare e a garantire la propria posizione sulla scena della politica internazionale. Legata di volta in volta a dottrine democratiche, progressiste e pacifiste e a orientamenti autoritari, reazionari e militaristi, essa ha costituito inoltre una categoria essenziale della riflessione politica contemporanea, anche se non è d’altra parte mancato, fin dal principio della sua storia, chi ne ha annunciato l’imminente e fatale declino immaginando per il futuro un mondo reso più omogeneo e quindi pacifico dall’irresistibile trionfo dello «spirito del commercio», oppure lacerato da altre e più profonde fratture quali la «lotta di classe» o la «lotta di razze». Per molto tempo anzi, come ha osservato Isaiah Berlin, le culture politiche e le profezie sociali a vario titolo dominanti – in particolare la tradizione liberale e poi quella socialista e comunista – hanno con poche eccezioni considerato nazioni e nazionalismi come aberrazioni temporanee e antimoderne, destinate soltanto a una breve e residuale esistenza.
(da F. Tuccari, La nazione, Roma-Bari, Laterza, 2000, pp. 11-12)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
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