Audio integrale
La gastronomia, scienza complessa, se affrontata con un’impostazione multidisciplinare ci restituisce, a partire dalla riappropriazione della nostra sensorialità, basi per interpretare, valori su cui lavorare, nuovi compagni di viaggio e tutto il senso della realtà. Ci aiuta a vedere dove stanno i meccanismi culturali e produttivi che servono alla causa di un mondo più equo e felice; ci sprona a intervenire consapevoli della nostra capacità e possibilità di farlo. Ci rende creativi.
Nasce così un sentire comune, che ci porta a essere tutti soggetti attivi (gastronomi, produttori e coproduttori) nella ricerca di un’idea di qualità (della vita e delle cose) che si confaccia non soltanto al bene proprio, personale, ma anche a quello degli altri e della terra. Un sentire comune che ci porta a ridefinire i nostri comportamenti e i nostri obiettivi quotidiani e a dare un nuovo senso alla gastronomia stessa. Ovvero al cibo, che rimane centrale nelle attività dell’uomo.
Gli strumenti di questa ricerca e di questa ridefinizione sono: una scienza articolata e ridefinita; l’idea di buono, pulito e giusto; la volontà di educarsi e a non soccombere all’ignoranza dei sensi e dell’intelletto; la consapevolezza di appartenere ad una comunità di destino e la volontà di elaborare un nuovo modo di promuovere e praticare il sapere. C’è una nuova ricerca del sapore, che racchiude tutte queste idee, e che per non essere soltanto ideale e impraticabile, necessita di progettualità e di pragmatismo.
C’è una rete, da cui partire e da rendere il più funzionale possibile. Una rete di sentimenti, di aspirazioni, di forze, di saperi e di persone. Se rimettiamo al centro della nostra esistenza il cibo, ci accorgiamo che il cibo è la rete stessa, e che deve essere forte, trasparente, buona, pulita e giusta. Se siamo ciò che mangiamo, siamo la rete. Una rete pragmatica, che si sforza di comunicare il più possibile. Deve sorgere dunque la progettualità, la voglia di fare. Di realizzare le idee (…)
Il principale progetto di lavoro riguarda la rete stessa. Descrivendo il cibo come rete di persone, luoghi, prodotti e saperi, non possiamo fare a meno di sentirci immediatamente parte di essa, in quanto gastronomi. Siamo in una rete del cibo. Che va dal globale al particolare, che si esplicita tanto a livello universale quanto a livello locale, sia per chi produce sia per chi coproduce. Ora, molti dei nodi che compongono questa rete non sanno nemmeno di essere collegati, sono tenuti virtualmente separati, non comunicano affatto (si pensi alla separazione tra produttori e consumatori). L’obiettivo è quello di riattivare i collegamenti, partendo da quelli che rispondono ai criteri di qualità per il buon gastronomo, e di estendere poi la rete il più possibile. La rete, in quanto tale, si sta rivelando uno strumento potenzialmente rivoluzionario per tutte quelle istanze che vanno dall’economia solidale globale ai gruppi di interesse sulle attività sostenibili o sulla difesa dei diritti civili (…)
Applicata al mondo del cibo, la rete è potenzialmente già esistente, perché il cibo è l’elemento per eccellenza in grado di connettere le persone e i gruppi sociali. Ma oggi purtroppo questa rete del cibo – del cibo come rete – non funziona a dovere perché si sono inseriti elementi di distorsione (perdita di saperi, di biodiversità, impossibilità a comunicare, insostenibilità) e di antidemocraticità (concentrazione dei poteri economici e delle attività produttive, massificazione e omologazione del gusto, impedimento sensoriale). L’idea che il gastronomo si sente di proporre è dunque quella di riattivare la rete, ampliandola e rafforzandola (in estensione e intensità) nel rispetto della scienza gastronomica, dei saperi tradizionali, della dignità umana, secondo il nuovo e preciso concetto di qualità. Questo però non vuol dire che in nome di un aprioristico giudizio si debba escludere dal sistema tutto il resto del mondo del cibo che ancora non è in linea con questo progetto, come per esempio tanta parte della scienza moderna, l’industria o gli attuali sistemi distributivi. Sarà piuttosto il caso di fare pressione su tali comparti perché mutino strategie e obiettivi in funzione della nuova rete. (…) In questo modo, se è una buona rete, essa si autoalimenterà, portando al suo interno nuovi soggetti, nuovi nodi, e quindi nuove diversità, che la rafforzeranno e ne favoriranno i flussi d’insieme, generando nuove e virtuose trasformazioni e crescite. Generando un vero sviluppo sostenibile, slegato dall’idea di crescita economica a tutti i costi, ma connesso all’idea di crescita umana, alla diffusione di un bene comune che ci garantisca un futuro meno grigio e cibo di qualità per tutti.
(da C. Petrini, Buono, pulito e giusto. Principi di nuova gastronomia, Torino, Einaudi, 2005, pp. 195-196 e 199-201)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.