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Cosa dobbiamo tentare di fare con i bambini? Dobbiamo tentare di riappropriarci con loro di qualcosa che abbiamo già, del codice culturale della filosofia, che ha elementi di saggezza e anche elementi criticabili: ma la cosa importante è che si tratta del codice che insegna il senso della critica. Non a caso la Grecia ha inventato anche la democrazia. Il punto è che si può educare una persona all’autonomia, al sapere, e lo si fa non dandogli soltanto dei contenuti, ma una mentalità che sia capace di filtrare e governare i contenuti in arrivo. Questo è il senso che dovremmo recuperare della paideia dei Greci: la formazione come esercizio all’autonomia di una mente capace di mettere in forma. Il che è molto più importante dell’informazione, specialmente oggi, in un’epoca in cui i dati d’informazione sono troppi, sono eccedenti, e il vero destino dell’autonomia del cittadino si gioca nella capacità di saper filtrare.
Per questo, quando faccio lezione, a volte inizio, così come altri miei colleghi, dicendo che “qui facciamo cose inutili”: quello che cerco di suggerire è che il concetto di utile, nei termini in cui lo si ricerca (come contenuto, come risposta a domande, come qualcosa “che serva”), è un addestramento alla servitù. Certo, può essere qualcosa che rassicura e leva l’ansia, ma non ti aiuta nel futuro. Bisogna avere tanto sapere per entrare su più livelli: se chiedi soltanto risposte sarai un suddito; se non ti fermi a quella dimensione dell’utile, più impari, più governi la domanda, più controlli le risposte. Capisco che questo possa avere anche un lato doloroso. Ma sono i passaggi a essere dolorosi. Diventare adulto significa anche questo, comporta anche dolore.
Facendo filosofia con i bambini, è vero che un adulto torna in un certo senso a essere bambino, ma ci torna da adulto: è una condizione diversa, che comporta la distanza dall’infanzia e dall’essere bambini. Possiamo farlo perché possiamo pensarci bambini essendo adulti: abbiamo il linguaggio, la narrazione e la storia per poter fare questo. Ragionare su questo terreno è di importanza estrema. Significa rendersi disponibili a una relazione con i bambini che non sia soltanto quella del modello disciplinare. Analogamente, in un suo saggio su Corpo e relazione nell’infanzia, riferendosi ai disabili e ai bambini che hanno problemi particolari, Bruno Sales invita a non usare soltanto il modello terapeutico. Questo serve come mezzo, perché il problema è sociale, ma non si può sempre disciplinare e collocare tutto: deve esserci osmosi con altri modelli di relazione, non la chiusura rassicurante che ci mette la coscienza a posto.(da A.M. Iacono, Filosofia con i bambini come esempio del rapporto tra ricerca e politica in un territorio, in L. Mori, a cura di, Filosofia con i bambini, Pisa, Edizioni ETS, 2009, pp. 18-19)
Per questo, quando faccio lezione, a volte inizio, così come altri miei colleghi, dicendo che “qui facciamo cose inutili”: quello che cerco di suggerire è che il concetto di utile, nei termini in cui lo si ricerca (come contenuto, come risposta a domande, come qualcosa “che serva”), è un addestramento alla servitù. Certo, può essere qualcosa che rassicura e leva l’ansia, ma non ti aiuta nel futuro. Bisogna avere tanto sapere per entrare su più livelli: se chiedi soltanto risposte sarai un suddito; se non ti fermi a quella dimensione dell’utile, più impari, più governi la domanda, più controlli le risposte. Capisco che questo possa avere anche un lato doloroso. Ma sono i passaggi a essere dolorosi. Diventare adulto significa anche questo, comporta anche dolore.
Facendo filosofia con i bambini, è vero che un adulto torna in un certo senso a essere bambino, ma ci torna da adulto: è una condizione diversa, che comporta la distanza dall’infanzia e dall’essere bambini. Possiamo farlo perché possiamo pensarci bambini essendo adulti: abbiamo il linguaggio, la narrazione e la storia per poter fare questo. Ragionare su questo terreno è di importanza estrema. Significa rendersi disponibili a una relazione con i bambini che non sia soltanto quella del modello disciplinare. Analogamente, in un suo saggio su Corpo e relazione nell’infanzia, riferendosi ai disabili e ai bambini che hanno problemi particolari, Bruno Sales invita a non usare soltanto il modello terapeutico. Questo serve come mezzo, perché il problema è sociale, ma non si può sempre disciplinare e collocare tutto: deve esserci osmosi con altri modelli di relazione, non la chiusura rassicurante che ci mette la coscienza a posto.(da A.M. Iacono, Filosofia con i bambini come esempio del rapporto tra ricerca e politica in un territorio, in L. Mori, a cura di, Filosofia con i bambini, Pisa, Edizioni ETS, 2009, pp. 18-19)
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.