Il 26 febbraio 2002, due giorni prima dell’avvio dei lavori della Convenzione sul futuro dell’Europa, in un’intervista ad un quotidiano italiano, il Presidente del Parlamento europeo, il liberale irlandese Pat Cox, ha dichiarato con ragione: “L’idea di una Convenzione sul futuro dell’Europa è una delle più innovative nel processo di integrazione comunitaria. Voglio ricordare con orgoglio che il concetto è nato proprio qui, nell’Europarlamento. E sembrava puro futurismo”. Era accaduto infatti che nel corso del 2000 avesse ottenuto un imprevisto successo la Convenzione incaricata di redigere il progetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: in un tempo minore di quello assegnatole aveva formulato e approvato il progetto, poi adottato e sottoscritto a Nizza dai rappresentanti delle tre istituzioni europee. Nello stesso torno di tempo le riservate trattative diplomatiche tra i governi dei 15 Paesi membri dell’Unione non avevano certamente ottenuto analoghi risultati. E, nonostante gli ultimi estenuanti negoziati di Nizza, il trattato lì sottoscritto era risultato tanto insoddisfacente da indurre gli stessi governi a prevedere che subito si desse avvio a un ampio dibattito e a un nuovo trattato che ne rimediasse le insufficienze.
Il Parlamento europeo aveva apprezzato la novità della Convenzione sia perché era composta non solo da rappresentanti dei governi ma anche – e in maggioranza – da rappresentanti dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo oltre che della Commissione, sia perché lavorava in totale trasparenza, con sedute aperte al pubblico, su documenti sempre disponibili via Internet, sia infine perché aveva consultato le formazioni della società civile (sindacati, associazioni, organizzazioni non governative) interessate a farsi ascoltare. Perciò il Parlamento europeo ha subito richiesto che anche la futura riforma dei Trattati, necessaria a dare un nuovo stabile assetto all’Unione anche in vista dell’allargamento ormai prossimo ai Paesi dell’est europeo, fosse preparata da un organismo analogo, aperto all’apporto dei cittadini, che operasse in modo pubblico e trasparente e vedesse la partecipazione prevalente dei rappresentanti dei parlamenti. L’evidente insuccesso della formula intergovernativa e l’altrettanto evidente necessità di una struttura più democratica e aperta per preparare il futuro dell’Unione hanno fatto sì che le richieste del Parlamento europeo, sostenute anche dalla Commissione, vincessero le resistenze dei governi. Sia pure con molta prudenza, e dopo essersi assicurato una solida preminenza nell’Ufficio di Presidenza della Convenzione, il Consiglio Europeo di Laeken ha varato il nuovo organismo che dovrà preparare un progetto sul futuro dell’Europa.
Il Parlamento europeo chiede che si ‘costituzionalizzi’ l’ordine europeo, che cioè si preveda di semplificare e consolidare in un unico testo le disposizioni di carattere costituzionale dei Trattati: questo, come accade nelle costituzioni degli stati nazionali, dovrà contenere i valori e gli obiettivi dell’integrazione europea, la Carta dei diritti fondamentali, la composizione, il ruolo e il funzionamento delle istituzioni dell’Unione secondo i principi della separazione dei poteri e dello stato di diritto, la ripartizione delle competenze fra l’Unione e gli Stati membri secondo il principio di sussidiarietà, il ruolo dei partiti politici europei. Nel definire le competenze dell’Unione si dovrà stabilire che cosa è necessario e conveniente fare insieme e che cosa è meglio che ciascuno Stato faccia da sé. E’ evidente che, per esempio, abbattute le frontiere interne tra gli Stati dell’Unione, la politica dell’immigrazione non potrà che essere una politica comune, e anche la lotta alla criminalità organizzata dovrà essere condotta insieme. Di più, l’Unione dovrà essere responsabile di una politica estera, di sicurezza e di difesa comune. Avendo una moneta unica, dovrà avere un governo capace di sostenerla. Si dovrà poi stabilire come dar vita e legittimazione democratica a un simile progetto costituzionale. Avremo forse una Costituzione senza Stato? Giuliano Amato, il Vice Presidente della Convenzione, ha dichiarato: “abbiamo osato costruire una moneta senza Stato, non c’è ragione per non osare una difesa comune senza Stato. Siamo destinati a vivere in sistemi di governo multilivello, perché certi fenomeni possono essere governati solo da livelli superiori a quello statuale tradizionale”. Su questi temi dovrà misurarsi la Convenzione per il futuro dell’Europa che ha preso avvio con la seduta inaugurale del 28 febbraio 2002.
Riferimenti Bibliografici
AA.VV., Riscrivere i diritti in Europa, Bologna, il Mulino, 2001.*
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