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«Il tempo [kairos] è compiuto e il Regno di Dio si è avvicinato; convertitevi [alla lettera “cambiate mente”, verbo metanoeo] e credete al buon annuncio [evangelo]» (Mc 1,15; Mt 4,17). Secondo il più antico dei quattro Vangeli l’attività pubblica di Gesù inizia con queste parole. Esse proclamano che, per opera di Dio, i tempi sono ormai «maturi». Si è di fronte a una svolta riferita alla componente qualitativa del «tempo opportuno» (kairos). Le affermazioni relative al tempo compiuto e al Regno fattosi vicino costituiscono il contenuto stesso dell’annuncio a cui si è chiamati a prestare fede. Il cambiamento di mentalità comporta una decisione da assumere «qui e ora». Il credere all’evangelo significa che la pienezza del tempo è garantita solo dalla parola che la annuncia. Essa si presenta come «notizia», vale a dire come una forma di comunicazione che trasmette quanto altrimenti resterebbe ignoto. «Evangelo» è termine di origine profana: nel mondo ellenistico indicava la notizia dell’avvento di un nuovo sovrano.
«Regno di Dio» è espressione frequente e cruciale nei Sinottici, ma rara tanto negli altri testi neotestamentari, quanto nella letteratura giudaica. Essa rende ciò che la Bibbia ebraica esprime ricorrendo alla frase «il Signore regna». Specie nei Salmi, la formula è riferita all’attuale dominio divino sul creato (cfr. Sal 146,10; Is 52,7). Tuttavia si conoscono anche detti come «il Signore sarà re» impiegato in senso escatologico (Zc 14,9). Quest’ultima accezione è recepita nelle poche attestazioni della formulazione presenti nell’epistolario paolino (cfr. l Cor 6,9-10; 15,50; Gal 5,21; l Ts 2,12). Più articolato è l’uso di «Regno di Dio» nei Sinottici. La polivalenza dell’espressione rappresenta una delle maggiori difficoltà per comprendere la missione di Gesù, la cui caratteristica principale sta appunto nella predicazione del Regno. Alcuni esegeti contemporanei intendono il messaggio autentico di Gesù in termini di insegnamento sapienziale stando al quale il Regno rappresenta la sovranità presente e permanente di Dio a cui si partecipa assumendo uno stile di vita contrassegnato, già nel mondo attuale, dalla giustizia e dalla libertà. Tuttavia è più convincente tener fermo il fatto che la tensione tra presente e avvenire sia componente irrinunciabile dello spirito evangelico.
La sequenza che dà inizio alla missione di Gesù collega strettamente tra loro una serie di momenti: annuncio del Regno, chiamata dei primi discepoli, guarigione di indemoniati e malati, perdono dei peccati (Mc 1,14-2,12). Il risanamento di quanto era espropriato, afflitto o perduto è la sostanza stessa della predicazione del Regno. Che Dio sia re è da sempre vero. La vicinanza del Regno addita un allargamento del dominio divino. In precedenza qualcosa sembrava, quindi, cadere al di fuori dal controllo di Dio. L’ipotesi era tutt’altro che inconcepibile. Non a caso, nell’ambito giudaico, era diffusa la convinzione che nel mondo si dispiegasse il dominio di Satana (cfr. l Gv 5,19). A Qumran il diavolo, chiamato Belial, era considerato capo delle sue schiere e aveva un Regno (cfr. Regola della Comunità 3,19-25). Anche Gesù in qualche modo credeva nella presenza di un potere delle tenebre che doveva essere sconfitto con l’avvento del Regno. Le opere da lui compiute sono le prime manifestazioni di ciò. Di fronte all’accusa di scacciare i demòni in nome del loro capo (chiamato Beelzebùl), Gesù afferma che un Regno diviso non può reggersi, né Satana può ribellarsi contro se stesso. Il suo dominio, però, può essere scalfito a opera di un «uomo forte» (Mc 3,23-27). In modo ancor più esplicito nel parallelo passo di Luca si legge: «se allora io caccio i demòni con il dito di Dio, il Regno di Dio è dunque giunto a voi» (Le 11,20).
Oltre che attraverso la vittoria conseguita sugli «spiriti maligni», la pienezza del tempo si concretizza in altri modi: nella chiamata dei discepoli, nel risanamento dei malati, nella condivisione della mensa con i peccatori (Mc 2, 15-17) e nel dispiegarsi di un insegnamento compiuto in virtù di un’autorità (exusia) imparagonabile a quella di altri maestri (Mc 1,27). Il pieno avvento del Regno dipende però anche dal fatto che la «buona novella», oltre a essere predicata, sia pure accolta.
(da P. Stefani, Gesù, Bologna, Il Mulino, 2012, pp. 64-66)*
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