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Un curioso aneddoto, conservato da Simplicio nel suo Commento alle categorie di Aristotele (p. 208, 28-32 = SSR V A 149), potrebbe ben costituire la migliore introduzione al tema di questa conferenza. Vi si narra infatti di un mordace scambio di battute, in cui Antistene, pensando così di mettere sotto scacco Platone, lo apostrofa più o meno così: “Caro il mio Platone, vedo certamente il cavallo, ma la cavallinità proprio no!”. Senza scomporsi – e con altrettanta feroce ironia – Platone replica: “Lo credo bene, perché hai l’occhio con cui si vede il cavallo, ma non possiedi affatto quello con cui si contempla la cavallinità!”.
Il terreno su cui si consuma lo scontro, che è insieme ontologico e conoscitivo ed etico, è quello che ha segnato sin dall’inizio i destini della tradizione del pensiero occidentale: possiamo e dobbiamo restare all’interno della sola dimensione corporea, con i suoi apparati percettivi sensoriali più o meno affidabili, oppure possiamo e anzi fortemente dobbiamo staccarci dal corpo, per affidarci a una realtà diversa, più alta e più profonda, ovvero a quell’anima che sembra fare la sua comparsa nella riflessione filosofica già con Eraclito, per poi affermarsi con la tradizione pitagorica e infine soprattutto con Socrate e Platone? Proprio a Platone sarà dedicata la prima parte di questa lectio inauguralis, con l’intento di mettere a fuoco, rispetto all’anima platonica, da una parte la sua struttura e il suo destino (con particolare attenzione alla splendida immagine mitica della biga alata conservata nel Fedro, 246a-251b), dall’altra l’uso che essa sa fare delle immagini, che pure vengono veicolate dal corpo, ma su cui al massimo ci si può fondare per slanciarsi oltre, per raggiungere una metà extra-corporea (come con rara efficacia letteraria mostra la scala amoris descritta nei dettagli nel Simposio, 209e-212c).
Nella seconda parte della conferenza, invece, contro la pretesa superiorità degli occhi dell’anima, sarà dato spazio alla teoria più anti-platonica che il mondo antico abbia conosciuto: quella di Epicuro, il quale, con deciso piglio riduzionistico e con coerente soluzione materialistica, ammonisce che “si deve considerare che l’anima è un corpo costituito da parti sottili disseminato per l’intero complesso atomico, assai simile a un soffio avente una certa commistione di calore e simile in qualche modo all’uno e in qualche modo all’altro” (Epistola a Erodoto, 63, tr. F. Verde). Corpo in un corpo, dunque, quest’anima epicurea non ha natura o destino speciali, non contempla con occhi altri e superiori, ma affida ai sensi, radicati nella materia, tutto il potere di catturare quelle immagini, che popolano la quotidianità del commercio conoscitivo con il mondo e rappresentano per noi un ineliminabile punto di riferimento.
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.