Video integrale
Alcuni studiosi hanno interpretato le modificazioni intervenute nella chiesa a partire dagli anni Sessanta – a seguito del pur breve pontificato di Giovanni XXIII e del concilio ecumenico Vaticano II da lui convocato – come una svolta epocale. In conseguenza di tale svolta gli assetti definiti al concilio di Trento sarebbero radicalmente mutati: avrebbe infatti avuto inizio un processo di profonda trasformazione del cattolicesimo, volto a recuperare modelli della più antica tradizione cristiana e in particolare dell’età pre-costantiniana. Tale ridisegnazione della vita ecclesiale – che coinvolge tanto le strutture interne dell’istituzione ecclesiastica quanto i suoi modi di presenza nella società – comporterebbe anche un definitivo superamento degli schemi e dei giudizi ereditati dalla cultura intransigente. In questa prospettiva i tratti assunti dalla chiesa dopo la Rivoluzione francese nella lunga battaglia condotta contro la secolarizzazione si starebbero, più o meno lentamente, a seconda delle aree, dissolvendo. Davanti a eventi così vicini è ovviamente molto difficile formulare un giudizio storico, che non dipenda da precostituite posizioni ideologiche. Sembra tuttavia possibile individuare come schematica ma fondata linea interpretativa della complessiva vicenda di questi ultimi decenni la compresenza all’interno del cattolicesimo di due tendenze – l’una diretta al mutamento, l’altra volta alla continuità, almeno nei suoi presupposti, dell’eredità intransigente. Tali linee variamente s’intrecciano e si combinano non solo nelle direttive dei responsabili ecclesiastici – inevitabilmente legate a compromessi tra le diverse spinte presenti nel mondo cattolico – ma persino nelle posizioni di singoli protagonisti. La breve ricostruzione di questo recente periodo della storia della chiesa intende mettere a fuoco gli aspetti che sembrano di volta in volta prevalere nell’incerto percorso attuale tra permanenze e cambiamenti. (…) Nell’allocuzione Gaudet mater ecclesia (1962), con cui papa Giovanni XXIII apriva il Vaticano II e che oggi sappiamo da lui personalmente redatta, non si delineava uno specifico ordine del giorno per i lavori dell’assise, ma accanto al ribadimento di concezioni usuali – come la ripresa di temi tipici della dottrina sociale cattolica – delineava alcuni orientamenti generali che avrebbero potuto portare a «una nuova pentecoste» nella chiesa. In particolare il papa sottolineava l’esigenza di superare quella nostalgia passatista, che faceva vedere nei tempi moderni ai «profeti di sventura» solo mali ed errori, senza cogliervi le potenzialità per una crescita della coscienza cristiana; invitava a formulare un aggiornamento dottrinale che, pur non intaccando il deposito della fede, lo esponesse, secondo una preoccupazione prevalentemente pastorale, in formule adeguate alle esigenze dell’uomo contemporaneo; sollecitava ad aver presente che alle difficoltà dell’umanità la chiesa poteva rispondere non tanto con condanne, ma offrendo «la medicina della misericordia» e un messaggio di salvezza eterna tanto più credibile quanto più espresso in una situazione di povertà materiale; chiedeva infine un intenso sforzo ecumenico per riottenere, dopo secoli di lacerazioni, l’unità di tutti i cristiani.
(da D. Menozzi, La chiesa cattolica, in G. Filoramo e D. Menozzi, a cura di, Storia del cristianesimo, Roma-Bari, Laterza, 1997, vol. IV, pp. 230-233)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.