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Siamo stati abituati da Françoise Héritier a ragionare in termini di “differenza” tra maschile e femminile e di rappresentazioni culturali di tale diversità. L’autrice ritiene che questa distanza fra uomo e donna sia l'”ultimo limite” della riflessione umana e «che l’osservazione della differenza tra sessi sia alla base del pensiero, sia tradizionale sia scientifico. Fin dalla nascita del pensiero infatti, la riflessione degli esseri umani non ha potuto dirigersi che su quanto era loro dato di osservare più da vicino, cioè il corpo e l’ambiente in cui il corpo è immerso». Il problema che Héritier individua è dunque relativo alla griglia interpretativa della diversità sessuale, stante che tutti i sistemi culturali hanno assunto e teorizzato il binomio uomo-donna in modo enfatico e differenziante. Vanno innanzitutto prese in esame alcune grandi visioni del corpo. Esiste oggi una tendenza che fa del corpo, maschile e femminile, un campo intellettuale vasto, sul quale si esercitano teorie, ipotesi, poteri. Sempre più facilmente e massicciamente si impongono al corpo forme e sembianze “inventate” e divulgate attraverso canali e processi complessi. Il corpo è elaborato e messo a punto, non semplicemente fatto funzionare, custodito o reso coerente con la realtà in cui si trova. È un dominio aperto in cui possono entrare forzate necessità culturali, che non sempre corrispondono o soddisfano le esigenze fisiche. Il senso del corpo, alla fine, può dipendere dal tipo e dal grado di “interventi” (deformazioni, potenziamenti ed esaltazioni, modificazioni estremamente fantasiose) che ha subito. (…)
Entro questo sfondo occorre ritornare al nesso che lega la biologia all’ideologia. Nei fatti fisici individuali, cioè nella biologia irripetibile di un soggetto, l’ideologia profana o religiosa trova spunti e terreni molto fertili. Sicuramente i principi culturali generali assumono forme rigide grazie all’esistenza certa e concreta di un corpo. In un sistema politico l’ideologia punta su appartenenze, progetti, fedeltà, capacità personali. Entro un sistema religioso, il valore della fisicità varia: il corpo infantile è differente da quello adulto, da quello defunto, da quello monacale o verginale. Alcuni corpi non sono su un piede di parità con altri, a causa di qualche carenza: il corpo imperfetto o deforme può essere escluso dal servizio ritual-religioso. Può, invece, essere centrale e significativo nelle “doverose pratiche” di un gruppo religioso.
In campo religioso si coagulano e si trasmettono spesso concezioni problematiche. I sistemi religiosi propendono per idee peculiari del corpo. Ruotano sovente attorno a nozioni di rinascita, immortalità, ubiquità, incorruttibilità, ascensioni, visioni e viaggi celesti. Esse esplicitano molto bene l’elaborazione che i corpi subiscono a livello culturale e attraverso norme di comportamento. I sistemi di credenza che non raffigurano alcun tipo di corporalità divina non per questo ignorano queste concezioni. Non le simbolizzano attraverso mezzi iconici o processi raffigurativi antropomorfi. Collocano comunque il corpo umano entro uno sfondo di fisicità ampiamente simbolizzata. (…)
In campo femminile, entro la ragnatela degli usuali rapporti sociali, queste osservazioni vanno rapportate alla riproduzione umana stessa. La donna è estremamente evidenziata dalle funzioni della maternità, della filiazione, del child-care. Sono funzioni che la singolarizzano, anche se non sono assolutizzate e isolate dai ruoli di altri corpi (del compagno, della parente, dell’antenata, della curatrice). In casi diversi da quelli della maternità, il corpo femminile può essere dissimulato o ignorato, dominato da altre fisicità. Non per questo non conta o non è “in gioco”. In altre occasioni ancora, esso diventa una bandiera, uno strumento della rivendicazione, consapevolmente esibito per rafforzare la ragnatela relazionale di un gruppo e di una società. Le rivoluzioni, armate o meno, hanno spesso messo in scena corpi femminili combattivi, che reclamano un posto nella lotta accanto ai corpi maschili. Alcune situazioni invece sono imperniate su figure sempre in penombra o “desunte” da posizioni maschili (donne segregate dall’uomo, co-mogli e concubine, donne di mafia, alter ego di capi, vergini divinizzate, madri spirituali, donne sterili ed escluse).
(da A. Destro, Le donne sono sempre “in gioco”. La differenza femminile nel mondo turco, in Id., a cura di, Femminile e personale. Esplorare mondi in transizione, Roma, Carocci, 2010, pp. 19-24)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
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