Nel diritto islamico il consenso è elencato al terzo posto tra le fonti del diritto, subito dopo le due fonti di diritto divino, il Corano e la Sunna. Esso è inteso sia come consenso dell’intera comunità musulmana sia come consenso degli esperti di diritto e in entrambi i casi è ritenuto infallibile e definitivo: una regola di diritto non può più essere rimessa in discussione una volta che attorno ad essa si sia consolidato il consenso unanime della comunità o degli esperti. È immediato il richiamo al canonistico consensus Ecclesiae, che esprime in termini altrettanto infallibili l’unità dottrinale della comunità cattolica. Ma sarebbe errato immaginare il consenso degli esperti di diritto islamico come qualcosa di assimilabile al risultato di una consultazione conciliare: esso è invece la constatazione e manifestazione di un accordo già formatosi all’interno della comunità, del quale gli esperti di diritto sono testimoni e interpreti qualificati. Il consenso degli esperti formalizza a posteriori uno stato di fatto adottato dalla comunità. In se stesso, non è un principio di rinnovamento ma piuttosto di stabilità. Quest’ultima osservazione sembra dar ragione a coloro che, avendo soprattutto presente l’epoca contemporanea, hanno avanzato più di un dubbio sull’efficacia del consenso come strumento di sviluppo del diritto islamico e hanno sottolineato che le condizioni da cui esso è circondato sono tali da renderne estremamente difficoltosa la formazione: ma, prendendo in considerazione l’intera storia del diritto islamico, studiosi autorevoli hanno ravvisato nel consenso degli esperti l’istanza decisiva nell’evoluzione dell’ordinamento islamico e la garanzia ultima dell’autenticità delle due fonti materiali del diritto (il Corano e la Sunna) e della correttezza della loro interpretazione.
(da S. Ferrari, Lo spirito dei diritti religiosi. Ebraismo, cristianesimo e islam a confronto, il Mulino, Bologna, 2002, pp.175-76*)
Riferimenti Bibliografici
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