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Forse la stagione liturgico-cerimoniale della democrazia volge al tramonto. Ancora un decennio fa la fiducia nel «governo del popolo» non sembrava scossa nemmeno dalla dilagante insofferenza per le degenerazioni partitocratiche, tutti si dicevano convinti dell’inesauribilità delle risorse dei regimi democratici, nessuno dubitava della bontà di almeno una ricetta (le magagne della democrazia rappresentativa le avrebbe corrette la democrazia telematica, quelle della democrazia plebiscitaria la democrazia associativa, i deficit di democrazia nazionale e sovranazionale il decentramento e le autonomie); le huntingtoniane «ondate della democratizzazione» sembravano del resto succedersi includendo ormai in una cosmopolis globale masse di donne e uomini pronte ad accogliere pragmaticamente e pacificamente le sfide del terzo millennio. Solo qualche guastafeste come Giovanni Sartori ammoniva gli euforizzati dalla caduta del Muro – quando i mala tempora non erano ancora calati (ma nemmeno tanto bene andava) e il sultanato non era ancora in vista – che la democrazia rimasta senza nemici avrebbe scoperchiato il vaso di Pandora dei mali interni. Ma non erano in molti a prendere sul serio tali avvertimenti. Ora il vaso è scoperchiatissimo, le democrazie arrancano malconcertate sotto il peso delle sfide globali e la Democrazia ha ritrovato il Nemico nella inquietante figura del terrorista invisibile (e, forse, invincibile).
L’incontro si propone di tornare a riflettere sulla tanto dibattuta questione della crisi della politica evidenziandone tre aspetti, che concernono: 1) il problema delle trasformazioni dello Stato e delle sue ricadute in termini di decostituzionalizzazione; 2) il problema degli ostacoli che incontra il processo di democratizzazione a livello globale; 3) il problema delle involuzioni delle pratiche e delle culture democratiche in quegli stessi paesi che ne sono stati il laboratorio.