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Possiamo chiederci in cosa consista l’interesse filosofico di Spinoza nel proporre una fisiologia meccanicista semplificata e, in quanto tale, compatibile con i risultati scientifici più recenti. La risposta non è difficile ed è inscritta nello stesso programma di apertura della parentesi fisiologica dell’Ethica. La struttura e il funzionamento del corpo sono importanti nei limiti nei quali spiegano la conoscenza e segnatamente la conoscenza immaginativa. Del resto, non era cosa difficile recuperare il nucleo della fisiologia cartesiana senza entrare nel merito di quale fosse, e se ci fosse, un luogo privilegiato che radunasse tutti i messaggi provenienti dalle membra in un solo luogo, dal momento che il fenomeno che regge tutta la teoria dell’immaginazione è la conservazione delle tracce che costituiscono la memoria materiale. In Cartesio la ghiandola pineale non era il luogo deputato alla conservazione di tracce. Le “idee” che la ghiandola trasmette alla mente sono le tracce che si disegnano sulla superficie della ghiandola stessa per il passaggio degli spiriti animali ma che non necessariamente vi permangono. La memoria materiale era invece dislocata in un luogo diverso dalla ghiandola, ovvero nella parte interna del cervello, come ripeteva anche La Forge. […]
Quel che viene eliminato togliendo ogni ruolo alla ghiandola pineale è il luogo collettore della coscienza delle tracce mnestiche, ma non le tracce stesse, e l’intera teoria cartesiana della memoria materiale, come insieme di tracce impresse in tutto il corpo, può permanere nella sua sostanza. È la memoria materiale cartesiana che deve essere salvata per costruirvi una teoria dell’immaginazione adeguata. Solo ed esclusivamente la memoria materiale. Mai, infatti, Spinoza citerà il frutto maturo della fondazione della scienza cartesiana, ossia la memoria intellettuale. Eliminare la ghiandola pineale non implica quindi abbandonare la teoria cartesiana della memoria. Ma la teoria cartesiana della memoria è anche una teoria dell’immaginazione. L’immaginazione, infatti, si serve sempre delle tracce mnestiche, e la memoria materiale ne è dunque la condizione. […]
Spinoza pensa a un movimento degli spiriti che come causa prossima non ha l’impulso di oggetti esterni, ma i movimenti interni al corpo. Il corpo vivente, anche se in continuo interscambio con il mondo esterno, ha una sua dinamica motoria che lo distingue da tutti i corpi esterni e che distingue questa dinamica da tutti i movimenti indotti dai corpi esterni. È questa dinamica che è responsabile del fenomeno della percezione di oggetti inesistenti. Infatti, l’effetto del movimento indotto da cause diverse dagli oggetti esterni, quando è identico all’effetto del movimento causato da oggetti esterni, produce nella mente la stessa percezione. Il movimento “spontaneo” di Spinoza riproduce il movimento “fortuito” degli spiriti animali che dal cuore salgono al cervello, di cui aveva parlato Cartesio. Entrambi possono produrre lo stesso effetto: oggetti che non esistono possono essere percepiti come presenti, ovvero immaginazione e sensazione non sono distinguibili, in linea di principio.
In questo modo Spinoza si allinea, alla lettera, alla spiegazione dell’immaginazione comune ai “cartesiani”. L’equiparazione tra immaginazione e sensazione, già adombrata nei Cogitata, è ora esplicita: «chiameremo immagini delle cose […] le affezioni del corpo umano le cui idee ci rappresentano i corpi esterni come a noi presenti. E quando la mente considera i corpi in questo modo, diremo che immagina». Le parole di Spinoza sono quasi le stesse che aveva usato La Forge e che poi saranno di Malebranche, per esprimere l’equivalenza, nella percezione, tra immaginazione e sensazione, tutte derivate dalla fisiologia cartesiana. Così La Forge presentava l’immaginazione: «mi sembra che si possa usare questo nome per tutti i pensieri della mente che le rappresentano un oggetto come presente davanti agli occhi o agli altri sensi, e che non sono eccitati in lei e non dipendono in alcun modo dalla presenza né dall’azione degli oggetti esterni».
E La Forge riprendeva con scrupolo Cartesio, spiegando la formazione di immagini che rappresentano oggetti esterni senza che questi oggetti esistano, attraverso il movimento degli spiriti in libera circolazione nella parte interna del cervello. Non diversamente si esprimerà Malebranche: «L’anima percepisce attraverso i sensi solo gli oggetti sensibili e grossolani che, quando sono presenti, impressionano gli organi esterni del suo corpo, e questa impressione si comunica fino al cervello; o quando sono assenti e il corso degli spiriti animali produce nel cervello una impressione simile». Così accade anche in Spinoza, salvo la sostituzione del “cervello” con il “corpo”, una sostituzione la cui irrilevanza per il fenomeno immaginativo diventa sempre più chiara.
Si noterà piuttosto che Spinoza enfatizza la tesi cartesiana: Cartesio aveva infatti sostenuto che la percezione indotta dal movimento casuale degli spiriti fosse più debole di quella indotta dal sistema nervoso, quasi un’ombra di quella. Solo in alcuni casi limite le due percezioni sono indistinguibili. Spinoza invece le considera sempre equiparabili. Di qui la prima conseguenza, già chiara nei Cogitata metaphysica, quando ancora il riferimento era al cervello: la sensazione è indistinguibile dall’immaginazione (e viceversa). Non c’è differenza tra la reazione a un oggetto esterno realmente presente rispetto alla reazione a un oggetto esterno solo immaginato. Si spiega così la scomparsa di una teoria della sensazione, e l’inglobamento di tutta la conoscenza di origine sensibile nel fenomeno immaginativo.
(da E. Scribano, Macchine con la mente. Fisiologia e metafisica tra Cartesio e Spinoza, Roma, Carocci, 2015, pp. 141-146)*
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