Ciò che ci colpisce del vacillare dell’umano è il dissolversi di alcuni di quegli aspetti che sentiamo essere connessi in modo intimo e irrinunciabile con il concetto stesso di essere umano. Come possiamo rendere conto del cambiamento di questo concetto? Wittgenstein si è posto una questione vicina a questa quando si è interrogato su cosa costituisce il nostro linguaggio: «chiediti se sia completo il nostro linguaggio; – se lo fosse prima che venissero incorporati in esso il simbolismo della chimica e la notazione del calcolo infinitesimale; questi infatti sono, per così dire, i sobborghi del nostro linguaggio. (E quante case o strade ci vogliono perché una città cominci ad essere una città?).
Il nostro linguaggio può essere considerato come una vecchia città: un dedalo di stradine e di piazze, di case vecchie e nuove, e di case con parti aggiunte in tempi diversi; e il tutto circondato da una rete di nuovi sobborghi con strade diritte e regolari, e casi uniformi» (Ricerche filosofiche, § 18). Nella massa di risposte che, come nel caso degli edifici e delle strade che compongono una città, costituisce il concetto di essere umano possiamo distinguere aree e parti. Alcune di queste sembrano come i sobborghi di cui parla Wittgenstein, altri ci appaiono più essenziali. Ricordiamo che questo lavoro riflessivo non è condotto come da un punto di vista esterno, non coinvolto, ma è interno allo spazio delle mosse rese possibili dal concetto di essere umano. Non c’è, quindi, una prospettiva neutrale da cui considerare quali sono i muri portanti del concetto di essere umano e quali sono i tramezzi, che potremmo immaginare di avere senza conseguenze per la stabilità dell’edificio, ma con conseguenze più locali per la disposizione delle stanze. Questo tipo di distinzioni fa parte di un lavoro riflessivo dall’interno che è reso possibile e che modifica il concetto di essere umano. Nello stabilire queste distinzioni rispondiamo a qualcosa che percepiamo come centrale ma al contempo lo segnaliamo all’attenzione e con ciò facciamo qualcosa di questa distinzione, cioè cambiamo la nostra vita con quel concetto.
Il cambiamento del concetto di essere umano è un cambiamento negli aspetti che avvertiamo come centrali. È un cambiamento interno ma può confrontarsi con qualcosa che ci appare esterno. Messi di fronte ad alcune circostanze sentiamo che il concetto di essere umano è andato perduto e non riusciamo a identificarci con quel punto di vista; esso ci è irreparabilmente lontano e ci colpisce con un senso di orrore. I casi dei nazisti, di Pol Pot, o il mondo di Kurtz in Cuore di tenebra di Joseph Conrad e nel film di Francis Ford Coppola Apocalypse Now sono esempi di questo tipo. Stanley Cavell ha insistito che è importante riconoscere questi casi come possibilità umane. Ha scritto: «Comprendere il nazismo, qualsiasi cosa si intenda con esso, sarà comprenderlo come una possibilità umana, per quanto mostruosa e imperdonabile, ma non per questo come il comportamento di mostri. I mostri non sono imperdonabili, e neppure perdonabili. Nei loro confronti non è possibile applicare la giusta relazione interna per il perdono» (La riscoperta dell’ordinario, Roma, 2001, p. 362). Un pensiero simile è stato espresso da Iosif Brodskij contro la facilità con cui ci sbarazziamo di alcune circostanze spostandole al di là del raggio delle possibilità umane. Ma queste possibilità umane sono tali in quanto ci spostano in un mondo in cui non riusciamo a entrare, in cui non riusciamo a vivere senza fare saltare così tanto del nostro mondo da lasciarci senza un terreno sotto i piedi. La nostra comprensione si trova ostacolata nell’esprimere il pensiero di queste possibilità e proprio in questo risiede il loro aspetto orribile.
In un insieme ancora diverso di casi, possiamo riconoscere nell’ostacolo che il nostro mondo concettuale oppone di fronte ad alcune circostanze un sintomo della situazione corrotta in cui noi ci troviamo e della difficoltà a dare forma, a dare le parole, all’idea di un cambiamento. Vi sono casi di trasformazione della nostra visione morale personale o della visione morale sociale che possiamo caratterizzare solo alla luce della difficoltà che le nuove posizioni trovano a essere espresse. Sono casi in cui c’è bisogno di un nuovo linguaggio, di nuove parole, cioè di un superamento radicale del nostro mondo espressivo. Alcune di queste trasformazioni chiamano in causa il concetto di essere umano. Alcuni esempi sono le trasformazioni nella percezione di ciò che ci accomuna e ciò che ci distingue, come nel passaggio dall’idea di rango all’idea di eguaglianza sotto l’idea di cittadinanza; altri esempi sono la difficoltà di pensare il matrimonio tra bianchi e neri fino all’idea di un abominio particolare compiuto nel mescolare le razze, sino alle difficoltà più recenti a rappresentarsi il matrimonio gay. In tutti questi casi, la critica al modo di vedere presente ci chiede di guadagnare una distanza radicale dal proprio mondo concettuale. Una visione di ciò che significa essere umani richiede che vediamo, ad esempio, l’idea di un’inconciliabilità del matrimonio con l’incrocio di "razze" o con la condivisione dello stesso genere come essa stessa incompatibile con il concetto di essere umano. In questo caso l’ostacolo che la comprensione – in cui ha un posto centrale ad esempio la separazione delle razze o dei sessi – pone all’articolazione di beni umani come l’amore e la solidarietà matrimoniale è considerato il sintomo dell’ingiustizia in cui viviamo nella situazione presente, e la possibilità di dissolvere questa resistenza guadagnando un nuovo orizzonte concettuale è espressione di miglioramento e di progresso morale […].
È dunque necessario allargare il concetto di essere umano, scoprendone nuove applicazioni: vediamo possibilità di cambiamento, alcune delle quali ci colpiscono come miglioramenti, altre come peggioramenti, altre ci lasciano forse incerti. C’è lo spazio qui per la riflessione, per pensarci in modi diversi e per immaginare nuovi modi di vivere che ci appaiono migliori. Se è vero che vi è qualcosa come il concetto di essere umano che genera una prospettiva senza rivali, è vero anche che tale prospettiva è sottoposta al cambiamento ed è oggetto della riflessione pratica degli esseri umani. A costituirci come esseri umani, e quindi a definire i modi di rispettare o di offendere la nostra comune umanità, sono cose diverse: è una parte importante del pensiero morale riflettere su quali siano e quali dovrebbero essere tali cose.
(da P. Donatelli, Trasformazioni del concetto di essere umano, in «Iride», 2008, n. 53, pp. 83-101)*
Riferimenti Bibliografici
- S. Cavell, La riscoperta dell'ordinario, Roma, Carocci, 2001;*
- C. Diamond, L'immaginazione e la vita morale, Roma, Carocci, 2006;*
- M. Foucault, Le parole e le cose, Milano, Rizzoli, 1966;*
- R. Rorty, La filosofia dopo la filosofia, Roma-Bari, Laterza, 1989.*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.