Nel 2020 l’epidemia di Covid-19 ha sospeso tutte le forme di mobilità umana, compresa la migrazione internazionale. Stime preliminari pubblicate nell’International Migration 2020 suggeriscono una riduzione di circa due milioni di persone; ma, nonostante questo, il numero di migranti internazionali in tutto il mondo ha raggiunto, nel 2020, i 281 milioni, oltre il 3,6% della popolazione mondiale. Il numero di migranti internazionali è cresciuto più velocemente della popolazione globale: erano 173 milioni nel 2000, 221 milioni dieci anni dopo.
Anche leggendo i dati sulla mobilità da e verso l’Italia emerge come la pandemia ha avuto importanti ripercussioni sulla popolazione italiana e su quella straniera presente nel nostro Paese. In base alle ultime stime ISTAT, a inizio 2021 gli stranieri residenti in Italia ammontano a poco più di 5 milioni: dopo un ventennio di crescita ininterrotta anche la popolazione straniera si ridimensiona e non riesce più a compensare l’inesorabile inverno demografico italiano.
Considerando i diversi mesi di lockdown e le molteplici situazioni vissute a livello nazionale, europeo e internazionale, è stato praticamente impossibile spostarsi per molte persone e questo ha inciso fortemente sui dati relativi all’andamento migratorio italiano, sia interno che verso l’estero. L’Italia, in sintesi, è oggi uno Stato in cui la popolazione autoctona tramonta inesorabilmente e la popolazione immigrata, complice la crisi economica, la pandemia, i divari territoriali e l’impossibilità di entrare legalmente, non cresce più.
A quanto detto occorre aggiungere un altro paradosso, ovvero che l’unica Italia a crescere è quella che mette radici (e residenza) fuori dei confini nazionali in modo ufficiale – e quindi iscrivendosi all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) – o in modo ufficioso, non ottemperando cioè all’obbligo di iscrizione anagrafica. A partire sempre più numerosi sono gli italiani di nascita e quelli per scelta, quindi naturalizzati, coloro che chiedono di diventare italiani e che, una volta ottenuta la cittadinanza, tecnicamente vengono chiamati “nuovi” italiani. (…)
Leggendo i dati demografici emerge come i gravi squilibri che già da diversi anni caratterizzano l’Italia siano stati fortemente accentuati dalla pandemia che ha creato una pausa nei progetti di vita, un’interruzione che è evidente sia nelle dinamiche riproduttive sia in quelle di formazione delle nuove famiglie e anche nei progetti di mobilità interni o verso l’estero. L’incertezza e l’inquietudine hanno fatto in modo che chi doveva partire si fermasse a riflettere e a trovare, probabilmente, un momento migliore per farlo, ma chi all’estero c’era già ha cercato di capire quale strada fosse la migliore da percorrere tra il restare fuori dei confini nazionali o il ritornare in Italia.
Non è assolutamente sbagliato ritenere che i dati sulle partenze di inizio 2021 avrebbero sicuramente confermato e certamente superato quelli record registrati nel 2020, ma il Covid-19 ha completamente stravolto i piani di molti, sebbene non di tutti stando ai numeri. Infatti la mobilità degli italiani con la pandemia non si è arrestata, ma ha subìto un ridimensionamento che non riguarda, però, le nuove nascite da cittadini italiani già residenti all’estero, piuttosto le vere e proprie partenze, il numero cioè dei connazionali che hanno materialmente lasciato l’Italia recandosi all’estero da gennaio a dicembre 2020 (decremento del -16,3% in un anno). Dopo più di dieci anni di continua crescita, per la prima volta, a inizio 2021, ci si ritrova con un’inversione di tendenza che però non è significato non partire, quanto piuttosto modificare ancora una volta repentinamente le caratteristiche dei protagonisti della mobilità. In questo modo la già macchinosa complessità della mobilità italiana è diventata ancora più complessa: se una parte di chi doveva partire ha preferito rimandare a tempi migliori, ugualmente da tutti i territori provinciali italiani e verso 180 destinazioni nel mondo (erano 186 a inizio 2020) sono partiti più di 109.000 italiani soprattutto giovani e verso l’Europa, maggiore garanzia in tempo di emergenza sanitaria, di libera circolazione e di tutele alla persona e al lavoratore rispetto ad altri Stati di altri continenti. Chi ha preferito rinviare e restare in Italia appartiene alle categorie maggiormente colpite dal virus: gli anziani che non hanno confermato le tendenze positive messe in evidenza negli anni passati registrando, a inizio 2021, valori negativi importanti per quanto riguarda quella che abbiamo definito “mobilità previdenziale” o “molto matura” (-26,2% per gli over 65 anni) e i bambini, soprattutto al di sotto dei 10 anni (-20,3%).
(da D. Licata, Il Rapporto Italiani nel Mondo 2021. La mobilità italiana ai tempi del Covid-19, in Id., a cura di, Rapporto Italiani nel Mondo 2021 (Fondazione Migrantes), Todi, Tau Editrice, 2021, pp. XVIII-XXI)