Audio integrale
I valori cantati, mostrati e dunque insegnati al banchetto delle piccole città-stato del VI secolo si fondano sui legami di philia, di affetto e di confidenza reciproca che riuniscono i cittadini in uno stesso luogo per condividere vini e carni. Non tutti i cittadini, però: le qualità sociali e morali richieste al philos hetairos escludono dalla cerchia degli «amici» il kakòs, il malvagio, che è d’uopo fuggire come un porto poco sicuro; la solidità della philia si misura al di là dei cambiamenti d’umore, alla stregua del legame fraterno. Questo gruppo di hetairoi riuniti, come philoi, al banchetto, vuol essere l’espressione, nella celebrazione degli dèi e dei valori comuni, della comunità civica ideale. Pertanto, il rapporto di philotes che il narratore dei componimenti poetici simposiali cerca di intessere col giovane al quale si rivolge non può che essere la prefigurazione del legame fiduciario e politico che unisce gli uni agli altri i membri dell’hetaireia. Quando, da parenesi morale, la poesia di Teognide o di Anacreonte diventa invito erotico, essa ricorre alle seduzioni di Afrodite per fare del futuro cittadino un philos. Divenuto il philos di un ragazzo, il narratore dei Theognidea erotici si considera come il suo hetairos pistòs, il suo fedele compagno; ma se l’adolescente abbandona la philotes del poeta per ricoprirlo d’infamia inserendosi in un altro gruppo, l’elogio si trasforma in biasimo e il giovane subisce, lo si è visto, l’imprecazione del poeta che lo condanna a non suscitare mai più (con lo sguardo, eisoròn) l’«amore» (philein) di un uomo. Quando si tratta di inserire i futuri cittadini nel tessuto sociale dell’hetaireia, le vie della philia sono affettive, e passano soprattutto attraverso lo sguardo erotico; e l’educazione che vi è dispensata passa attraverso la dialettica dell’elogio e del biasimo.
Alla luce della natura politica e affettiva dei legami che uniscono gli hetairoi ai piaceri del simposio, le relazioni di omofilia presupposte dalla poesia erotica arcaica appaiono come una propedeutica per i loro destinatari, come un’ammissione alle relazioni fra cittadini adulti. L’inversione dei segni della sessualità che presentano è il contrassegno della loro funzione iniziatica. Senza dubbio la riformulazione dei riti iniziatici tribali nel quadro di un’istituzione civica in cui si confondono le categorie moderne del privato e del pubblico non consente più di cogliere la prima fase rituale, quella della rottura. Secondo lo schema degli antropologi, questa dovrebbe precedere il periodo di emarginazione segnato da una serie di infrazioni delle regole che reggono la comunità adulta, soprattutto nella sfera sessuale. D’altra parte, se questi amori omofili, con la loro funzione propedeutica, sono per loro natura passeggeri e transitori (nel senso proprio del termine), il paragone antropologico ci induce a non sollevare il minimo dubbio sulla realtà dei sentimenti e delle pratiche che essi mettono in gioco. Se è vero che tenta di tramutarsi in un rapporto stabile di philia, con i suoi doveri reciproci, «l’amore (greco) per i ragazzi» si serve dell’inversione e dell’asimmetria propri del rito di passaggio per creare questo legame con l’aiuto di Eros. La pretesa «omosessualità» greca può essere compresa solo in quanto pratica inerente a procedure educative che dipendono ancora in larga misura dai riti dell’iniziazione tribale.
(da C. Calame, I greci e l’eros. Simboli, pratiche e luoghi, Roma-Bari, Laterza, 1992, pp. 69-71)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.