L’omogeneità è raramente caratteristica di un centro creativo e vitale. E una descrizione della Kabbalah come un “intero” omogeneo non risulta essere adeguata per la comprensione delle sue diverse fasi. Sembra dunque utile parlare dell’importanza dell’“interferenza”, che è intrinseca al trasferimento di un corpus letterario da un’area culturale all’altra, da un gruppo di autori all’altro. Il passaggio da una cultura all’altra è particolarmente evidente nel caso della Kabbalah nel XVI secolo. Innanzitutto, le varie versioni di questa dottrina si diffusero dalle aree cristiane verso aree che si trovavano sotto l’autorità musulmana e ottomana. Quindi, quando fiorì il centro di Safed, in Israele, i suoi risultati si diffusero nuovamente negli ambienti culturali cristiani. Risulta dunque problematica l’assunzione di una storia della Kabbalah uniforme, lineare e libera da “correnti incrociate”. A questo fine, è necessario evidenziare le interazioni tra i Kabbalisti italiani e le fonti kabbalistiche prodotte nel Safed. Tutto ciò significa che l’arrivo delle forme di Kabbalah lurianiche in Italia deve essere letto non solo come il passaggio di una serie di scritti da un luogo all’altro, cioè come una distribuzione ‘tecnica’ che riguarda i copisti e i discepoli, ma soprattutto come l’assimilazione di un tipo di pensiero (caratterizzato dalle visioni mistiche di Luria) in un ambiente forgiato dal pensiero neoplatonico. La trattazione erudita dovrebbe dunque occuparsi ulteriormente delle questioni inerenti il significato dell’arrivo di un corpus di scritti in un nuovo ambiente culturale. Questo passaggio, infatti, non è solo un trasferimento ‘meccanico’ di libri e manoscritti, ma produce un complesso di nuove idee all’interno del ricco background intellettuale determinato dalla traduzione di Marsilio Ficino dei trattati greci ed ellenistici. Non si tratta dunque di un semplice incontro tra la Kabbalah lurianica e il rinascimento italiano ebraico: non a caso, la lettura della Kabbalah di Safed data dai kabbalisti italiani è spesso molto originale, visto che riflette la griglia ermeneutica dei pensatori ebrei italiani. Questa comprensione è chiara, per esempio, nelle interpretazioni offerte del concetto lurianico di Tzimtzum (“contrazione”).
Riferimenti Bibliografici
- F. Bacchelli, Giovanni Pico e Pier Leone da Spoleto, Firenze, 2001;
- M. Idel, Jewish Mystical Thought in the Florence of Lorenzo il Magnifico, in AA.VV., La cultura ebraica all’epoca di Lorenzo il Magnifico, Firenze, 1998;
- F. Lelli, Umanesimo laurenziano nell’epoca di Yohanan Alemanno, in op. cit.;
- G. Scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica, Milano, 1965.*
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