L’Italia di questo soffre di più la mancanza: di una forma culturale – dal punto di vista dell’opinione pubblica, della cittadinanza, della capacità di autorappresentarsi dopo la decostruzione degli anni novanta – adeguata alla forma sociale che sta emergendo dall’impasto incandescente di recessione, di ritardo e di post-modernità, e che non ha ancora né un’anima né un’immagine in cui riconoscersi. Il sistema di valori e di memorie che ha nutrito finora la vita della Repubblica è ormai solo storia (…). Abbiamo bisogno di qualcosa che somigli a un nuovo inizio. E tutto quello che vogliamo salvare del passato per renderlo ancora spendibile nel mondo che ci aspetta, dobbiamo riuscire a trascriverlo in un altro linguaggio, in un nuovo universo simbolico, più universalistico e legato alle scelte del presente, e meno in rapporto diretto con le lacerazioni della nostra storia. È necessario dare una base sociale di massa a un nuovo tessuto di pensieri, di vissuti individuali e collettivi, di immagini, di stati mentali che solo possono formare la struttura ideale del Paese che si sta sviluppando intorno a noi, e condurlo verso il compimento della sua trasformazione. (…)
E tuttavia è proprio ora che comincia la sfida. Più etica va benissimo: ma quale, esattamente? E qui le strade si dividono. Credo che la risposta debba essere non un’etica «laica» nel significato tradizionale di questa parola – non ne abbiamo bisogno – ma un’etica che sappia scoprire il divino nell’accrescersi infinito delle potenzialità umane piuttosto che nella sacralità della natura come vincolo e come limite. Un’etica della trasformazione e non della conservazione; dell’emancipazione e non dell’irrimediabile minorità dell’umano; che favorisca l’aumento illimitato della potenza tecnologica, ma ne determini gli obiettivi; che non consideri come immodificabile nessun assetto sociale, né eterna alcuna forma biologica, ma sappia vederli tutti come figure del mutamento, lungo un percorso di cui non riusciamo a immaginare l’esito, ma che è il nostro destino; che cerchi le sue leggi non nella natura, ma nella ragione delle donne e degli uomini del nostro tempo; che assuma l’esistenza di valori e di principi non negoziabili, ma anch’essi storicamente determinati: assoluti, certo, ma solo nel senso della loro indisponibilità e immodificabilità nella situazione data; che non escluda mai la scienza e la tecnica dalla vita, ma sappia decidere quanta parte di esse debbano incontrare le nostre esistenze senza passare attraverso il mercato.
(da A. Schiavone, L’Italia contesa. Sfide politiche ed egemonia culturale, Bari-Roma, Laterza, 2009, pp. 76-77, 79)*
Presiede: Roberto Franchini
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
Presso la sede della Biblioteca, dopo una settimana dalla data della conferenza, è possibile ascoltarne la registrazione.