Che cos’è l’Europa negli equilibri mondiali? Non è ancora un soggetto della politica internazionale, come per esempio gli Stati Uniti o alcuni singoli Paesi europei; non è nemmeno, però, una semplice organizzazione internazionale. La vulgata europeista insiste quindi molto sul carattere «sui generis» dell’Unione Europea […]. Non si tratta di annegare in dispute nominalistiche. Si tratta invece di definire la missione dell’Europa. Quello che colpisce è che l’Europa nasce essenzialmente come una sorta di organizzazione protezionistica che, dal punto di vista economico e commerciale, è servita a proteggere non solo l’agricoltura, in particolare quella francese, ma anche alcune industrie decotte, non in grado di reggere la competizione. L’Europa ha dunque avuto una funzione economica e sociale, proteggendo gli interessi di specifiche fascie sociali in alcuni Paesi più forti. L’Europa deve andare oltre questa visione economicistica di stampo protezionistico, altrimenti rischia di essere autoreferenziale, rivolta solo al proprio interno. Io vedo anzi una domanda di Europa nel mondo, di tipo strettamente geopolitico. In un mondo in cui esiste una sola superpotenza, che non è palesemente in grado di gestire ogni e qualsiasi problema (ammesso e non concesso che ne abbia voglia), africani, asiatici e latino-americani tendono a evocare con favore un polo europeo che, insieme ad altri, ricrei una forma di equilibrio multipolare.
In un contesto geopolitico come quello attuale, nel quale non esiste accanto agli Stati Uniti altra potenza mondiale, l’Europa si deve perciò porre il problema di diventare un fattore di potenza. Una potenza civile, pacifica, equilibrante. Ma una potenza. Dunque un soggetto spendibile nel quotidiano tentativo di regolare gli squilibri e i conflitti su scala globale. Credo sia abbastanza paradossale il fatto che il termine potenza non venga mai utilizzato in riferimento all’Europa da parte degli europeisti […]. Con «fattore di potenza» intendo un soggetto della politica internazionale dotato di risorse politiche, strategiche ed economiche tali da far pesare la sua voce nel contesto internazionale, lì dove si stabiliscono le regole economiche, lì dove si fa la pace o la guerra. Oggi, nella migliore delle ipotesi, questo rango appartiene ad alcuni Stati europei, che non hanno una massa critica sufficiente per pesare veramente. Non esiste una politica estera e di sicurezza europea, perchè non esiste un soggetto politico europeo. Senza questo soggetto, possiamo avere al massimo una politica estera di facciata, frutto di una faticosa e quotidiana riduzione al minimo comune denominatore degli interessi dei vari Paesi che contano nell’Unione Europea, a cominciare da Francia, Germania e Gran Bretagna […].
Credo invece si debba, senza nessun tipo di remora, immaginare l’Europa come un fattore di equilibrio su scala globale. Anche nei rapporti transatlantici, che restano fondamentali, l’Europa non deve essere un soggetto passivo, o una pura e semplice finzione. La fine della guerra fredda, e quindi l’assenza di un nemico, ha messo in evidenza differenze di interessi e financo di valori tra Europa e USA. I casi più evidenti riguardano, per esempio, l’ambiente, la pena di morte, il ricorso unilaterale alla forza ecc. Si tratta di questioni che esistevano anche prima, ma che erano tenute sotto controllo da una necessità strategica oggi scomparsa, la difesa contro il comune nemico sovietico. L’Europa dunque ha il dovere, più che il diritto, di articolare una politica che metta in evidenza i nostri punti di vista, i nostri interessi, che difenda anche quelli che sono alcuni principi e valori fondamentali e che non necessariamente coincidono con quelli americani. Qual’è l’alternativa? Se non si riesce a fare dell’Europa un vero soggetto della politica internazionale, e quindi un fattore di potenza e di equilibrio, non solo si perde di legittimazione, nel senso che non si capisce più a cosa serva l’Europa, ma si rischia anche di essere facilmente utilizzati per altri interessi, siano essi americani o di altri Paesi.
(da L. Caracciolo, Dialogo intorno all’Europa, con E. Letta, Roma-Bari, Laterza, 2002, pp. 89-93)*
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