Più che una riduzione dei riferimenti prevalenti, il pluralismo sembra produrre la perdita del carattere esclusivo della fede di appartenenza, o l’inde-bolimento della convinzione di essere ancorati a un’unica verità religiosa, o il venir meno dell’idea stessa di verità religiosa assoluta. Si crede in una situazione di incertezza, che rispecchia sempre più il carattere “relativo”, “ambientale”, “contestuale” delle proprie convinzioni e del proprio modello di socializzazione religiosa e culturale. Queste antiche “certezze” sono sostituite da altre, più congruenti con il clima di pluralismo culturale tipico della modernità avanzata e della possibilità di scelta a disposizione del soggetto. Tra queste “certezze” vi è la plausibilità stessa del credere. Molti individui rivendicano oggi la possibilità di professare una fede religiosa, se ciò fa parte dei loro ideali e desideri. Anche la questione religiosa rientra tra le possibilità che l’individuo e vari gruppi sociali intendono avere a disposizione, per non sentirsi deprivati di una qualche opportunità. Rispetto al passato, la fede religiosa non è più considerata una debolezza psicologica, il segno di un limite umano o dell’incapacità di raggiungere una condizione di maturità. Al contrario, essa viene sovente percepita e presentata come una risorsa in grado di alimentare il benessere della persona, di arricchire il suo potenziale umano, di richiamarla a prospettive e a sentimenti più elevati; in sintesi, come una risorsa per la propria formazione umana e spirituale e come una fonte di criteri morali e di “cittadinanza”. Questo riconoscimento di plausibilità non indica che necessariamente si attivi un atteggiamento religioso. Ci si può trovare ai margini del discorso religioso; ma non ci si nega la possibilità di coltivare una propria identità religiosa, opportunità che appare conveniente e plausibile nelle attuali condizioni storiche, dense di incertezze e di insicurezze. In altri termini, prevale l’attenzione a una religione “potenziale” o “disponibile”, a un’opzione senza la quale l’esperienza umana sembrerebbe impoverita nelle sue stesse possibilità espressive. Il credito dato alla fede religiosa si risolve per molte persone nella considerazione della fede prevalente all’interno del proprio contesto sociale. Non è agevole costruirsi o andare alla ricerca di altri sistemi di significato, soprattutto in una situazione attraversata da molte tensioni e dalla precarietà del vivere. Così i simboli, i riti e le risorse della religione prevalente possono rappresentare un sicuro e immediato ancoraggio per una popolazione che ha molte ragioni per riconciliarsi con la propria cultura.
(da F. Garelli, L’Italia cattolica nell’epoca del pluralismo, Bologna, il Mulino, 2006, pp. 165-166)*