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Quello della crescita della dimensione della povertà e delle risposte, private e pubbliche, individuali e collettive, con cui fronteggiare tale emergenza, si dimostra essere un campo di indagini in cui termini concettuali densi, quali l’offerta gratuita o la reciprocità del dono, giocano un ruolo di primo piano nella rappresentazione del problema e nella concretezza delle pratiche sociali che ne derivano. […]
Un altro aspetto del problema è quello legato ai saperi che si interrogano agli inizi dell’età moderna sulla questione del nesso fra dono ed elemosina, e alle possibili variazioni fra i due termini, in quanto le elaborazioni dottrinali interferiscono con le dinamiche delle pratiche sociali. Naturalmente, giuristi, teologi e moralisti non sono avari di riflessioni in argomento. […] Rispetto a un’apparente dicotomia rigida (produzione/ozio; lavoro/vagabondaggio) suggerita dalle fonti di carattere più dottrinale, le testimonianze dei percorsi di vita danno il segno di una realtà più fluida nella quale la sopravvivenza viene garantita attraverso un gioco variabile tra le mansioni lavorative temporanee, il ricorso all’aperta mendicità, l’utilizzo di sussidî intercettati dalle istituzioni di carità, l’occasionale caduta nella piccola criminalità. Anzi, sono proprio le carte degli archivi della giustizia penale ad averci restituito intensi profili biografici di uomini e di donne che oscillano a fasi alterne fra il lavoro e il vagabondaggio, fra le occupazioni lecite e l’operare illecito.
(da A. Pastore, Scegliere a chi donare. La selezione dell’assistenza nell’Italia moderna, in «Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento», XXX, 2004, pp. 51, 53, 61-62)
Riferimenti Bibliografici
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