1. Sulla situazione delle scienze sociali
Se si osserva il panorama delle scienze sociali oggi, si può affermare che esse sono alla ricerca di temi attuali riferiti alla società, ma che per questo non dispongono ancora di una struttura teorica adeguata, in particolare non sono pervenute ancora a una adeguata descrizione della società moderna.
Le discussioni teoriche vengono effettuate in relazione ad autori, in particolare in relazione a classici. Questo comporta, nel modo di porre i problemi, la presenza di un sovraccarico di vecchie prospettive e l’implicito orientamento ad una società che in virtù del suo ottimismo sul progresso aveva raggiunto i suoi limiti, ma poteva tener presente solo in misura limitata le conseguenze della società moderna e le poteva trattare solo come problemi della distribuzione del benessere. Le acquisizioni alle quali si è pervenuti sono date da un atteggiamento scettico verso l’organizzazione e la razionalità (M. Weber) o da una critica della struttura di classe della società moderna. Di queste acquisizioni vive ancora oggi la discussione teorica.
La società moderna ha reso urgenti problemi completamente diversi: il problema dell’ecologia, il problema delle conseguenze che derivano dalle nuove tecnologie, dalla ricerca biologica e genetica: ma anche il problema delle conseguenze legate a determinate politiche di investimento o quello relativo al rapporto tra uso del denaro per fini speculativi o per fini produttivi. Si tratta solo di alcuni indici degli ambiti problematici con i quali continuamente si confronta la società contemporanea e rispetto ai quali la soglia di attenzione, e quindi di preoccupazione, sembra essere più alta.
Negli anni più recenti è sembrato che la scienza sociale riuscisse ad andare oltre la discussione sui classici: si è elaborato così un orientamento problematico che può essere descritto mediante concetti quali complessità, problemi del controllo e guida, possibilità dell’azione ed altri ancora. Così la società viene descritta dalla prospettiva dell’agire politico e quindi dalla prospettiva della pianificazione, la quale ha davanti a sé campi di realtà altamente complessi, in cui tutte le azioni scatenano “conseguenze perverse” e producono problemi che danno motivo a nuove forme dell’agire. Tuttavia anche questa discussione ha raggiunto in modo incontestabile i suoi limiti, non dispone di potenziale esplicativo dell’agire reale e ripropone ormai solo l’originaria formulazione dei problemi. All’ottimismo del progresso si è sostituita la paura del futuro, all’ansia della pianificazione e del controllo, la rassegnazione verso le conseguenze perverse dell’agire che, non potendo essere previste, vengono rese oggetto di analisi empirica: un motivo ulteriore per considerare il presente con disappunto e per tentare di risolvere mediante il ricorso alla morale ciò che sembrava impossibile risolvere mediante la razionalità.
Non si può affatto prevedere che nel prossimo futuro la scienza sociale riuscirà a colmare il deficit teorico che la caratterizza e a pervenire ad una convincente descrizione della società moderna. E’ possibile però isolare temi speciali, che in questa direzione sono fruttuosi e possono essere utilizzati perché le ricerche si concentrino su di essi. Il tema rischio può costituire un tema cosiffatto. Esso è un tema nuovo rispetto alla discussione sui classici e mantiene considerevole distanza rispetto alle teorie sulla decisione razionale o sulla pianificazione razionale. Esso attualizza la dimensione del tempo, una dimensione centrale per la società moderna da tutte le prospettive. Esso altresì ha particolare riferimento rispetto ai temi che nell’opinione pubblica hanno acquistato un significato considerevole e che, gradualmente, diventano dominanti. Esso ha quindi tutte le chances di fornire un contributo rilevante alla comprensione delle condizioni sociali nelle quali oggi inevitabilmente viviamo e delle quali in un qualunque modo dobbiamo tener conto.
2. Stato della ricerca.
Negli ultimi vent’anni il tema rischio ha stimolato una mole immensa di ricerche ed ha raccolto una letteratura che ormai non è più possibile controllare. Nella letteratura meno recente il tema si è sviluppato prevalentemente sotto la voce: insicurezza. La ricerca però si è concentrata su alcuni punti cruciali e non è pervenuta all’elaborazione di una chiara concettualità teoretica.
Da una parte è dato di trovare ricerche sulla valutazione delle conseguenze prodotte dalle nuove tecnologie; queste ricerche presentano ramificazioni molto concrete: ad esempio la valutazione degli effetti cancerogeni che derivano da alcuni prodotti chimici o la valutazione delle possibilità che si verifichino eventi particolarmente improbabili ed insieme altamente catastrofici. Questa letteratura è orientata nel senso delle teorie della casualità o nel senso della statistica: essa ha prodotto a sua volta altra letteratura che si occupa della posizione e del ruolo degli esperti rispetto alla politica e che di conseguenza individua una perdita di prestigio e di credibilità della scienza e degli esperti nelle diverse tecnologie, qualora questi, sotto la pressione e l’urgenza delle decisioni siano costretti a rendere manifeste le loro insicurezze o le controversie interne alla scienza stessa.
Si tratta di una letteratura e di un insieme di ricerche che tematizzano i problemi della sicurezza rispetto a situazioni di pericolo oggettivo, ma che non riguardano la prospettiva di chi, nell’agire concreto, deve decidere se rischiare o non rischiare e a quali costi.
Accanto a queste ricerche è dato di trovarne altre che sono orientate in misura crescente in senso psicologico e che indagano i modi in cui i singoli si comportano in situazioni di rischio. Risultato di queste ricerche è una distinzione di variabili che influenzano il comportamento, come ad esempio l’influsso della fiducia di sé o del controllo di sé sulla disponibilità di colui che agisce verso il rischio.
Un altro orientamento di ricerca si occupa dei deficit di razionalità e degli “errori” statistici che è possibile individuare nel comportamento decisionale quotidiano. La disponibilità al rischio dipende, secondo queste ricerche, non da ultimo dal modo in cui colui che decide pone il problema col quale deve misurarsi.
Questi orientamenti ai quali si sostiene la ricerca sul rischio permettono di comprendere perché gli esperti che si occupano della percezione e valutazione del rischio e delle strategie del suo trattamento, siano essenzialmente studiosi di scienze naturali, di statistica, di economia (in particolare per i settori relativi alle teorie della scelta razionale, del calcolo dell’utilità, ecc.) o di psicologia. Persino il tema “comunicazione sul rischio” viene trattato da specialisti che hanno questa formazione.
La sociologia si è occupata fino ad ora prevalentemente degli aspetti limitati dei nuovi movimenti che si formano nella società a seguito della accresciuta percezione del rischio. La scienza politica ha manifestato scarsa attenzione per i problemi che derivano dal fatto che le questioni legate al rischio sovraccaricano gli interessi politici. Accanto alla medicina si è stabilizzata un’etica che si occupa dei modi in cui la morale dovrebbe affrontare questioni che sembrano sottrarsi al calcolo razionale.
Nonostante la sua ampiezza, l’attuale ricerca sul rischio non riesce a pervenire a risultati utili sia alla descrizione dell’agire decisionale che alla determinazione di possibilità ulteriori degli stessi ambiti decisionali, perché è legata da vincoli che derivano dal modo stesso in cui il problema del rischio viene tematizzato. Questi vincoli sono definiti dai modelli derivati dalle teorie della decisione razionale e dalle teorie psicologico-individualistiche.
3. Integrazione teorica.
Tanto dal panorama delle ricerche quanto dall’eterogeneità dei diversi approcci scaturisce un considerevole bisogno di integrazione teorica. Le prestazioni innovative che è possibile effettuare in rapporto allo stato attuale della ricerca dipendono dal fatto che si riesca ad elaborare e a rendere disponibile una concettualità teorica capace di rendere possibili questi riferimenti.
Il concetto di rischio è stato definito essenzialmente in relazione agli ambiti della relazione razionale, per così dire, come concetto per la elaborazione dei problemi del calcolo razionale. Da qui derivano considerevoli difficoltà di delimitarne significato e contenuto. Nella letteratura si scambiano e si utilizzano come equivalenti e fungibili con il concetto di rischio formulazioni quali pericolo, danger, hazard, insicurezza e simili. Proprio per questo, sul piano metodologico è necessario mettere in chiaro nel contesto di quali distinzioni il rischio acquista il suo contenuto e significato proprio.
La distinzione tra rischio e sicurezza sembra inutilizzabile. Sicurezza in quanto opposta a rischio, indica solo un posto vuoto che non può certo essere riempito empiricamente. Sicurezza, nello schema rischio-sicurezza, indica solo un concetto riflessivo: esso esibisce solo la posizione dalla quale tutte le decisioni possono essere analizzate dal punto di vista del loro rischio. Sicurezza, in questo senso, universalizza solo la coscienza del rischio; d’altra parte non è un caso se, a partire dal XVII secolo, tematiche della sicurezza e tematiche del rischio si sviluppano insieme.
Per questo sarebbe necessario provare se sia possibile intendere il concetto di rischio utilizzando le prospettive fornite dalla teoria attributiva. Nel generale contesto di una insicurezza rispetto al futuro e di un danno possibile, si potrebbe parlare di rischio quando un qualche danno venga imputato ad una decisione, cioè quando questo danno debba essere trattato come conseguenza di una decisione (o da colui che decide o da altri). Il concetto opposto sarebbe allora il concetto di pericolo, che è applicabile quando danni possibili vengano imputati all’esterno. Una tale concettualizzazione permetterebbe di utilizzare la problematica dell’attribuzione che si è rivelata fruttuosa e saldamente sperimentata. La concettualizzazione proposta dà insieme plausibilità al fatto che nella società moderna la maggiore coscienza del rischio sia correlata all’accrescimento delle possibilità di decisione.
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