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I dati più recenti raccolti da paleoantropologi e archeologi ci dicono che l’uomo potrebbe aver creato le prime piccole sculture in pietra 200 o 300.000 anni fa, e che certamente iniziò a tracciare complesse figurazioni geometriche su ossa, uova di struzzo e lastre di pietra intorno a 80.000 anni fa. Ma è solo da 5300 anni che siamo «grafomani». La data dell’invenzione della scrittura è convenzionalmente fissata dagli orientalisti intorno al 3200-3100 a.C. Le prime testimonianze sono infatti poche centinaia di tavolette con numeri e ideogrammi, trovate nella grande città mesopotamica di Uruk (Iraq) e a Susa (Iran sud-occidentale). Queste tavolette non sono altro che inventari, «liste della spesa», ricevute, bollette di carico e scarico, fidi e contratti di prestito di beni come schiavi, animali, olio, cereali e tessuti. L’origine della nostra scrittura si cela, dunque, nella pignoleria e nella severità dei burocrati.
Clarisse Herenschmidt, una ricercatrice francese del CNRS, ha suddiviso la storia delle scritture umane in tre grandi rivoluzioni. La prima, epocale invenzione al volgere del periodo di Uruk (3800-3100 a.C. circa); quindi, l’invenzione dell’alfabeto, tradizionalmente fissata intorno al VII secolo a.C., cioè 2600 anni più tardi; e, infine, quella della scrittura elettronica in rete, che consente a ognuno di noi di scrivere istantaneamente a chiunque altro, negli angoli più remoti del pianeta. 2000 d.C. Anche la terza grande rivoluzione ha avuto luogo esattamente 2600 anni dopo la precedente. E il numero 2600 ci riporta simbolicamente al 26, cioè a quante sono le lettere di buona parte degli alfabeti moderni. Casualità, forse, se non suggestioni cabalistiche; ma l’idea diverte, e sono numeri facili da ricordare. Ma ciò che ora ci interessa è che questa lunga storia di innovazioni e sostituzioni è fatta anche di perdita e rimozione. Delle diverse famiglie di scritture usate nella Media e Tarda età del Bronzo, oggi ne sopravvivono solo due, la nostra e il sistema cinese. Con l’eccezione degli alfabeti usati nella tradizione dei testi sacri delle principali religioni (greco, ebraico e arabo, indiano), sulla soglia di duecento anni fa molte delle scritture usate per secoli o millenni nel mondo antico erano già state completamente dimenticate. Quasi tutti gli accademici, nel vedere i monumenti antichi, dubitavano che fossero realmente sistemi scrittori, e non piuttosto intricate e magiche decorazioni.
(da M. Vidale, Le scritture scomparse, «Archeo», 343, 2013, pp. 76-95)