Partendo dal possibile scontro di civiltà – innestato dai contrasti religiosi tra Islam e Occidente – Panikkar parla del " nemico ", come dell’ ossessione di chi, anche in
Occidente, sembra aver necessità di questa presenza per ritrovare la sua identità culturale.
E’ proprio la paura ossessiva dell’ " altro " a generare un’ ostilità crescente e sempre più gravida di conseguenze.
Panikkar afferma che questa strada – quella della guerra, del contrasto perenne – ha fallito storicamente e che la ricerca di un’ altra via è la principale sfida dell’ uomo contemporaneo.
In questa direzione, la pace e il perdono si elevano come categorie e linee di condotta
di primaria importanza, perchè perdonare l’ " altro " significa anche perdonarsi e perchè il nemico che ha ricevuto il perdono non potrà più dimenticare questo gesto unilaterale di pace.
Soltanto il perdono può rompere la legge del karma – del colpo su colpo e della vendetta – perchè il perdono, è " decreazione ", vale a dire rendere nulla l’ azione negativa ricevuta.
Il perdono, in questo modo, ha un effetto catartico e purificatore che cambia l’ altro e
lo guarisce.
Panikkar sottolinea anche il rapporto tra pace e verità.
La verità di cui ci parla non è quella assoluta, nel nome della quale si sono compiuti anche efferati crimini, ma è relativa – il che non significa relativismo – ed è fondamentalmente relazione.
Pensare alla verità come relazione significa apertura e dialogo con l’ altro,
cioé pace reale.
Conclude l’intervista Panikkar con queste parole " la verità quando cade dal Cielo sulla Terra si rompe in tanti pezzi e ciò significa che posso sempre imparare qualcosa dall’ altro ".