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La radice della civiltà europea come modernità non sta tanto nei singoli apporti dati dal cristianesimo, dall’umanesimo, dall’illuminismo, ma nell’affermazione della laicità come dualismo tra la sfera del sacro e quella del potere. Il cammino della laicità è quindi quello della de-magificazione del mondo e della politica, indicato già da Max Weber con un’intuizione che si è venuta articolando e arricchendo negli ultimi decenni. Una de-magificazione che però implica non l’espulsione del sacro ma la sua presenza come «altro» rispetto al mondo e al potere. Come ha mostrato particolarmente Jan Assmann nei suoi studi fondamentali sull’antico Egitto e su Israele: la caratteristica «sovversiva» della religione del Patto consiste proprio nella separazione tra il divino e il potere, nell’affermare la «diversità» di Dio e la sua trascendenza. La storia successiva dell’Occidente non rappresenta altro, nelle sue tensioni e fibrillazioni continue, che l’incarnazione di questo primo passo compiuto dal monoteismo ebraico-deuteronomico.
Si tratta di superare la visione di una storia dell’Occidente come processo lineare e continuo di secolarizzazione, a senso unico, come lotta dello Stato contro la Chiesa, della ragione contro la religione ecc. Mi sembra che vi sia ancora una coincidenza di fondo tra le posizioni confessionali e quelle laiciste nel definire questo percorso: dalle radici ebraico-cristiane si procede verso l’illuminismo come trionfo della ragione (naturalmente con conclusioni opposte sul piano interpretativo). Occorre invece tentare di comprendere questa storia come un processo più complesso e in più direzioni: il dualismo, la divisione tra la sfera politica e quella religiosa, che è caratteristica della società europea, è frutto di una tensione, di una lotta continua per il monopolio del potere; questa tensione è sempre stata però congiunta a un processo di osmosi, nel quale la tendenza della Chiesa a impadronirsi del potere politico e la tendenza della politica a sacralizzarsi costituiscono un continuum in cui nessuna delle due forze è riuscita a prevalere ma nel quale ciascun protagonista ha assorbito almeno in parte i connotati dell’altro. La politica moderna dell’Europa appare così fondamentalmente diversa da quella delle altre civiltà preesistenti: ha assorbito ad esempio dal cristianesimo compiti di «modellamento» dell’uomo, di educazione ecc., mentre la Chiesa occidentale ha assorbito al proprio interno una struttura istituzionale-giuridica sul modello del potere temporale.
Il processo di modernizzazione del diritto, processo che si è concluso con la statizzazione e la positivizzazione delle norme, con l’età delle costituzioni e dei codici, ha posto fine al pluralismo degli ordinamenti giuridici medievali, ma il dualismo non è scomparso: lungo gli ultimi due secoli e sino ai nostri giorni esso ha continuato a svilupparsi spostandosi tra la sfera del diritto positivo e la sfera della coscienza, intesa non soltanto come foro interno, individuale e personale, ma anche come identità morale collettiva. È da questa dialettica che si è sviluppato il nostro concetto di libertà e il moderno Stato di diritto.
(da P. Prodi, Storia moderna o genesi della modernità?, Bologna, Il Mulino, 2012, pp. 160-161)*
(*) I titoli contrassegnati con l'asterisco sono disponibili, o in corso di acquisizione, per la consultazione e il prestito presso la Biblioteca della Fondazione Collegio San Carlo (lun.-ven. 9-19)
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