L'essere umano, ha spiegato Luigi Cavalli Sforza, è risultato di una duplice evoluzione, biologica e culturale, e va compreso nei punti di convergenza e di divergenza fra queste due linee di sviluppo.
A questo scopo, Cavalli Sforza ha ripercorso le tappe principali nello studio dell'evoluzione biologica, dalla comparsa della parola "evoluzione" con Jean Baptiste de Lamarck, alla prima spiegazione teorica di Darwin fino agli studi di genetica nel Novecento, mostrando come in ambito scientifico si sia talvolta proceduto in linea parallela con altre discipline umanistiche quali ad esempio l'archeologia e lo studio delle lingue. Questa connessione fra scienza e cultura si ritrova nel confronto fra evoluzione biologica e quella culturale. L'ipotesi, infatti, emersa dopo decenni di studi comparati di genetica, antropologia fisica, archeologia e linguistica è che, pur con notevoli differenze, alcuni meccanismi e fattori evolutivi, come la mutazione, la selezione naturale, la migrazione, la trasmissione e la deriva possano essere comparabili.
Fra evoluzione biologica ed evoluzione culturale cambiano dunque i nomi che vengono dati ai meccanismi evolutivi particolari, ma non concetti e legami teorici sotterranei ma profondi. In questo senso, si può ad esempio vedere come l'evoluzione culturale non sia determinata da scelte naturali, anche se ciò non si può escludere del tutto, ma da esse comunque condizionata, nel senso che le mutazioni genetiche controllano gli organi che la rendono possibile e, in particolare, permettono il linguaggio, che è la caratteristica praticamente esclusiva degli uomini.
Si tratta, dunque, di un'impostazione alternativa alle ricostruzioni incentrate esclusivamente sulla selezione genica, che, secondo Luigi Cavalli Sforza, può essere in grado di contrastare l'emergere di nuove forme di razzismo o di teorie che negano l'evoluzionismo.