L'uomo e/è la scimmia

Festival Filosofia

A un secolo e mezzo dalla pubblicazione de "L'origine delle specie" si è ormai affermata l'idea che le stesse cause hanno prodotto sia gli esseri umani che ogni altro essere vivente sul pianeta Terra. Seppure sullo sfondo di questa uniformità causale, l'opinione dominante continua a concedere all'uomo un posto privilegiato fra le creature, come un essere assolutamente speciale e inconfrontabile. Nella prospettiva di superare questo residuo di creazionismo, Ermanno Bencivenga propone di integrare la spiegazione causale con una concettuale, chiedendosi se l'essenza dell'uomo sia definibile in perfetta continuità con l'essenza del non-umano.
In questa operazione, Ermanno Bencivenga parte da un ripensamento della definizione dell'uomo, secondo la quale la sua caratteristica specifica è la "reciprocità", nel senso della capacità di assumere un punto di vista estraneo, di muoversi e atteggiarsi come farebbe un altro, in sostanza di imitarlo. Si tratta in realtà di un'attività che anche le scimmie sono in grado di compiere, sebbene gli esseri umani la dispieghino nel modo più efficace.
Questa prospettiva può però, secondo Ermanno Bencivenga, essere ulteriormente allargata, in quanto tutto il mondo può essere pensato come costituito non da oggetti individuali ma da forme, nel senso di tipi, di cui la ripetizione è la caratteristica essenziale. Finché si continuerà, infatti, a ragionare in termini di individui, oggetti cioè in-dividuali, indivisi e indivisibili, atomici, continuerà anche a rimanere un mistero come sia possibile che un individuo "risuoni" con altri. Se invece si considera il gioco molteplice delle forme che ovunque si incontrano e sollecitano una imitazione, si arriverà anche a comprendere come questo dialogo coinvolga tutti gli oggetti che consideriamo individuali, non solo gli esseri umani ma anche gli altri esseri viventi.
Dal momento che le stesse forme ricorrono e interagiscono ovunque, non si può parlare di una rottura radicale, di un incolmabile vuoto entro la natura stessa. Non c'è alcun baratro concettuale fra l'uomo e ogni altra creatura, ma ci sono piuttosto proprietà distintive, differenze di grado non di sostanza, potenzialità più o meno sviluppate. Gli umani sono dunque gli unici "bipedi implumi", ma sono coinvolti nella stessa interminabile attività ludica di ogni altro ente, con l'unica differenza di giocare meglio degli altri.  

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